È una cosa buona che siano stati accesi i riflettori sul problema drammatico degli stupri.

La violenza sulle donne è una delle questioni più brucianti che la civilizzazione ha lasciato aperte.

Idati dell’Istat, e di qualunque altro istituto ufficiale o no di ricerca, ci dicono che in Occidente tutti i reati stanno calando drasticamente, da anni, mentre i reati di violenza sulle donne, e anche l’uccisione delle donne, stentano a ridursi, e se si riducono si riducono poco.

A richiamare l’opinione pubblica su questo tema è stato l’assalto di Rimini. Dove un gruppo di ragazzi, probabilmente stranieri ( e più precisamente africani) ha picchiato un giovane polacco e poi ha violentato una sua amica. Episodio orrendo, e purtroppo tutt’altro che raro, ci dice sempre l’Istat, che ci avverte che di stupri di questo genere ne avvengono migliaia ogni anno, e cioè, più o meno, quattro o cinque al giorno.

Perché l’episodio di Rimini ha fatto più scalpore degli altri? Probabilmente per le sue modalità. E cioè per la presenza di un ragazzo amico della vittima. E poi perché è quasi sicuro che gli aggressori siano di origine africana, e questa notizia ha coinciso con un grande movimento dei giornali e della macchina dell’informazione sui pericoli portati dall’ immigrazione dall’Africa. Era da giorni che una buona parte della stampa e delle Tv ( e naturalmente dei social) martellava sul pericolo- nero. E lo stupro ha moltiplicato la paura.

Anche perché ci ha permesso di conoscere delle statistiche inquietanti. Le quali dicono che più o meno i due terzi degli stupri di strada ( che per ora teniamo distinti dagli stupri in famiglia) sono commessi dagli italiani, e un terzo dagli stranieri. Ma siccome gli stranieri, in Italia, sono meno del 10 per cento della popolazione, è chiaro che non esiste una proporzione. E dunque si può dire che tra gli stranieri ( in particolare tra gli arabi) c’è una percentuale di stupratori molto più alta che tra gli italiani.

Chiuso il discorso? No, per due ragioni. Di natura assolutamente sociologica e statistica, non ideologica.

La prima ragione è che forse non è corretto dividere gli stupri fra stupri in strada e stupri in famiglia. Una rapina è una rapina. Un omicidio è un omicidio. Anche uno stupro è uno stupro. Ora noi non conosciamo esattamente qual è la percentuale di stupri in famiglia commessi dagli italiani e quale la percentuale commessa dagli stranieri, anche perché la stragrande maggioranza degli stupri in famiglia non sono denunciati. Sappiamo però che parliamo di un reato - appunto lo stupro - che per oltre il 90 per cento dei casi è commesso in famiglia. E dunque, attualmente, stiamo esercitandoci in una discussione che riguarda solo un decimo, a malapena, del problema. E che probabilmente se esaminassimo il problema nella sua integrità, le cifre sarebbero meno favorevoli per gli italiani. Forse, molto meno favorevoli. È chiaro che questo provoca una distorsione nella nostra percezione e in quello che ci trasmettono i mass media.

Ma c’è una seconda osservazione da fare. Questa. Il reato di stupro di strada è commesso nella stragrande maggioranza di casi da giovani tra i 15 e i 35 anni solitamente appartenenti allo strato più povero della popolazione. Alle volte succede che i colpevoli siano i rampolli della borghesia, ma è molto raro statisticamente. Allora, se vogliamo fare un paragone tra italiani e stranieri ( e africani) dovremo tener conto di questa categoria statistica. Quale percentuale c’è di giovani ( maschi) poveri tra gli immigrati africani? Una percentuale altissima. E tra gli italiani? Non la conosco ma so con certezza che è molto, molto più bassa. Perché non proviamo a chiedere ai sociologi queste cifre, e poi ragioniamo? Potremmo ragionare su dati molto più vicini alla realtà, rispetto a quelli che stanno rilanciando i giornali in questi giorni. Io sono convinto che sia non solo legittimo, ma saggio, ragionare una volta che si posseggono tutte le cifre e tutti i termini del problema. Mi sembra invece inutile, o forse anche fuorviante, discutere partendo dall’idea che questa discussione possa essere un buon punto di partenza per una campagna contro gli immigrati, e precisamente contro “i negri”. In politica, ammenoché non si sia interessati solo alla conquista di voti elettorali, sarebbe bene tenere sempre distinti i problemi. Non mescolarli. Il problema della lotta agli stupri è un problema gigantesco, e finora la nostra civiltà lo ha ignorato, o almeno molto, molto sottovalutato. Il problema della regolazione dell’immigrazione è un problema ( che io considero molto minore, ma è un problema) da affrontare su un altro piano, e tenendo presente contemporaneamente la legalità internazionale, il dovere all’accoglienza, i limiti minimi della nostra civiltà, e poi l’insieme dei problemi economici e logistici che la fuga dall’Africa verso l’Europa, e l’Italia, comporta.

In Europa c’è una signora, che è anche la leader riconosciuta del centrodestra del continente, che fa le cose esattamente in questo modo. Razionalmente. E lo fa apertamente. Senza paura di diventare impopolare. Si chiama Angela Merkel.

Purtroppo negli stati maggiori della politica ( e del giornalismo, e dell’intellettualità), non solo italiana, la imitano in pochi.