SAGGISTA, SCRITTORE

Fuori dal bisesto. Forse. Ci sono più modi di stilare bilanci e fare previsioni. In realtà sui consuntivi non ci dovrebbe essere tanto spazio per sforzi creativi: le cifre quelle sono. Tuttavia l’arte della persuasione può far virare al rosa o al nero anche i numeri certi, secondo la logica banale, ma efficace, dello sguardo al mezzo bicchiere. Più interessante è la colonna previsionale. Qui si registrano almeno tre possibilità: quella realistica, traendo dalle scie dell’anno morente gli indici su cui si potrebbe sviluppare il futuro. Quella immaginifico- creativa, recitata, in genere, dai governi in carica, che disegnano il domani sempre magnifico e progressivo. C’è poi quella, un po’ laterale, del mago Nicola, che, in verità, appare abbastanza appannata dopo le cantonate prese sul coronavirus con tutti i suoi colleghi fattucchieri di professione. Con quale chiave, allora, andremo ad annusare qualche traccia per capire la tendenza del 2021? Io resterei sulla chiave della certezza su cosa non sarà.

E allora proviamo: 1) non sarà l’anno della liberazione definitiva dalla pandemia, anche se il nostro cuore lo vorrebbe, portandosi appresso anche l’anima. Vorremmo almeno cancellare i numeri neri dei cari estinti, ma prima di vedere scolorire il rosso dei contagi potrebbe passare un tempo ancora lungo. Nonostante il vaccino. 2) Non sarà l’anno delle elezioni anticipate. E non solo perché l’emergenza perdurante ( seppure, auspicabilmente, ridimensionata) stabilizza il governo in carica, ma anche perché lo scioglimento della legislatura viene deciso dal Presidente della Repubblica constatata l’impraticabilità di una maggioranza di governo. Orbene, cari lettori, pensate davvero che per “ragioni politiche superiori” i 945 parlamentari in carica possano accettare di lasciare il paese senza una maggioranza di governo? Non sia mai! Annotare: 345 non tornerebbero più per riduzione a livello bonsai del Parlamento ( del che si sta prendendo coscienza solo adesso), un’altra percentuale importante resterebbe fuori tra rischi del mestiere, cambiamento d’umore di chi fa le liste, sopraggiunto limite di legislature tollerate e rischio che la nuova legge elettorale porti dentro il voto di preferenza. Dell’incertezza dell’avvenire, causa incerta qualifica professionale, di una parte consistente della classe parlamentare è stato detto e ripetuto; non aggiungiamo parola. 3) Non cadrà Conte. Potrebbe essere una conseguenza logica di 1) e 2), e infatti lo è, ma c’è anche di più. Conte, fintanto che si rappresenta come il “tecnico di area”, super partes e sine pars, resta il punto di equilibrio della coalizione. Difficile trovare un sostituto oggi con le sue caratteristiche, senza scassare il delicato rapporto di forza nell’alleanza, frutto dell’equazione tra numerosità parlamentare e gradimento nei sondaggi. Solo se Conte decidesse di mettersi in proprio potrebbe seriamente pregiudicare la sua possibilità di sopravvivenza a Palazzo Chigi. Per il momento è facile prevedere un rimpasto e una congrua redistribuzione dei pesi. 4) Non ci sarà la riforma elettorale. E, francamente, dubito che il cospicuo bouquet di riforme, costituzionali e non, necessarie per far funzionare il sistema dopo il taglio dei parlamentari, troverà luce. Penso alla decisiva questione dei Regolamenti parlamentari, importanti almeno quanto la riforma costituzionale. La legge elettorale in Italia si fa sempre sul filo di lana e con grande affanno : si fa la legge e poi si vota ( legge ‘ 93 voto ‘ 94, legge 2005, voto 2006, legge 2017, voto 2018). Stavolta sarà più complicato, perché lo sbarramento formale ( il 5% ?) sarà moltiplicato dallo sbarramento nascosto per la drastica riduzione della platea parlamentare: roba che restano in vita non più di 4 partiti. 5) Non sarà un anno politico immune dall’evento che attende il paese all’inizio del ‘ 22: l’elezione del successore di Mattarella. Come sempre accade, quella scadenza condizionerà i comportamenti di candidati in pectore, di fiancheggiatori, di inseguitori e di finti outsiders. Anzi: li vedete già in opera con fare ecumenico dai telegiornali.

Fervorino finale: torniamo sulle strade deserte in questo lockdown short di fine d’anno, per provvedere ai generi di prima necessità da portare nel bunker casalingo.

Cosa c’è di diverso da marzo/ aprile scorsi? Aumentano le deiezioni dei cani lasciate a miserabile testimonianza del bestiale livello di civiltà dei loro padroni.

Camminare per le strade del centro significa tenere gli occhi abbassati in un gesto che può apparire da cane abbacchiato, ma che in realtà è solo di autotutela. Perdonate la simbologia scatologica, ma non mi pare abbia un futuro di magnifiche sorti e progressive un popolo che spalma i marciapiedi della sua città di cacca canina.

Buon anno a tutti. E se qualcuno vuole sentire previsioni più morbide, può sempre chiamare Mago Nicola.

Il PREMIER INSOSTITUIBILE

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, FINTANTO CHE SI RAPPRESENTA COME IL “TECNICO DI AREA”, SUPER PARTES E SINE PARS, RESTA IL PUNTO DI EQUILIBRIO DELLA COALIZIONE GIALLO- ROSA.

DIFFICILE TROVARE UN SOSTITUTO OGGI CON LE SUE CARATTERISTICHE, SENZA FAR SALTARE IN ARIA IL DELICATO RAPPORTO DI FORZA NELL’ALLEANZA, FRUTTO DELL’EQUAZIONE TRA NUMEROSITÀ PARLAMENTARE E GRADIMENTO NEI SONDAGGI.

L’UNICO CAMBIAMENTO SARÀ UN PICCOLO RIMPASTO