IIL RETROSCENA

Il premier accentratore e la voglia di rimpasto dei renziani creano continue turbolenze nella maggioranza. E il Quirinale è in ascolto

Per chiunque abbia orecchio attento ed esperto i segnali, gli scricchiolii, sono chiari. Il capogruppo di Iv che butta lì come se nulla fosse che Iv potrebbe non appoggiare il governo. La stessa Iv che giovedì sera, al termine della solita giornata di tregenda, fa arrivare ai media una nota informale tanto dura nei confronti del governo e delle divisioni nella maggioranza che potrebbe averla scritta Salvini. Il segretario e il capodelegazione del Pd costretti a smentire il capogruppo al Senato, salvo poi essere a loro volta messi in scacco da decine di parlamentari del loro stesso partito. Le riforme istituzionali bloccate da settimane per uno scontro durissimo nella maggioranza. La legge elettorale ferma al palo per gli stessi motivi. Le tensioni nel M5S che si scaricano sul governo minacciando di abbatterlo nel voto sulla riforma del Mes, mercoledì prossimo al Senato. Il Pd che risponde con gli stessi toni, avvertendo che la bocciatura della riforma equivarrebbe a crisi immediata. Sullo sfondo una richiesta di “rimpasto” che rappresenta consapevolmente una mina piazzata sotto la poltrona di Conte.

Il Quirinale assiste attonito e furente a questo montare di un clima di crisi possibile che considera la vetta dell'irresponsabilità politica, in un momento segnato da centinaia di morti ogni giorno e con leader politici che giocano d'azzardo senza avere alcuna strategia, senza disporre di nessuna alternativa al governo in carica. Sul Colle sono convinti che questa irresponsabilità diffusa si spieghi soprattutto con la convinzione generale che comunque le elezioni anticipate siano ormai impossibili. Dunque si può anche procedere a spallate e alla cieca: con le elezioni fuori gioco al momento giusto una situazione si materializzerà comunque. Proprio per sgombrare il campo da questa convinzione, o da questo abbaglio, il Colle si premura da settimane di disilludere i capi della maggioranza evidenziando la sua indisponibilità a manovre politiche confuse e azzardate e la sua determinazione, ove si arrivasse alla crisi, di non concedere tempi supplementari. O i leader si presentano in due giorni o poco più con una nuova formula di maggioranza e di governo già pronta, solida e certificata, oppure si vota in primavera e ognuno si assume le proprie responsabilità. Eppure il monito non sortisce gli effetti voluti. Nella maggioranza tutti procedono per la loro strada, alcuni e forse senza rendersi neppure ben conto di quale strada stanno imboccando. Altri seguendo un calcolo più freddo, affidandosi cioè alla convinzione che quello di Sergio Mattarella sia un bluff e che, alla prova dei fatti, il presidente non se la sentirebbe di mettere le sorti del Paese in balìa di elezioni anticipate che non sarebbero meno al buio di una eventuale crisi. Dunque procedono, pur sapendo che in questo modo se non decretano con certezza la caduta del governo e la fine della legislatura spalancano però i cancelli a tutti i rischi.

E' questo il quadro che provoca lo stupore e l'ira del Quirinale ed è un quadro reale ma anche parziale. Il particolare che sfugge è il ruolo che nel crearsi di questa situazione ad altissimo rischio ha svolto e quotidianamente svolge Conte.

Il premier guida il suo secondo governo, da circa 16 mesi, puntando sempre e solo sul rinvio, sull'accumulo di polvere sotto il tappeto. All'origine della degenerazione dei rapporti all'interno della maggioranza c'è anche, e in misura non trascurabile, una strategia che ha fatto marcire ogni problema senza risolverne nessuno. C'è una centralizzazione inaudita della decisionalità nelle mani del premier che ha portato disagio, scontentezza e rabbia vicinissime al punto di non ritorno nell'intera maggioranza. E c'è oggi una modo di fronteggiare la crisi montante a volte inutile ma più spesso controproducente: un po' rimuovendo le difficoltà e fingendo che tutto vada bene, come nella conferenza stampa di giovedì sera, un po' tentando di riproporre con Renzi lo schema dello scontro del 2019 con Salvini. Una mossa goffa che ha avuto il solo risultato di rendere le cose ancora più difficili.