È incostituzionale negare il riconoscimento della maternità alla madre intenzionale nei casi di procreazione medicalmente assistita (PMA) praticata all’estero. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 68 del 2025, accogliendo le questioni sollevate dal Tribunale di Lucca.

Il caso riguardava il figlio nato in Italia da due donne, una delle quali madre biologica e l’altra madre intenzionale, entrambe consenzienti alla PMA praticata all’estero. Secondo la Corte, il divieto di riconoscimento da parte della madre intenzionale lede in modo diretto i diritti fondamentali del minore.

Tre gli articoli della Costituzione italiana che la Consulta ha ritenuto violati. L’articolo 3, per l’irragionevolezza di una disciplina discriminatoria che non trova alcun controinteresse di pari rango costituzionale. L’articolo 2, per la lesione dell’identità personale del minore e del diritto ad avere sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile. L’articolo 30, per la violazione del diritto del bambino a essere riconosciuto da entrambi i genitori, con tutto ciò che ne deriva in termini di responsabilità e tutele.

La Corte ha sottolineato che la sentenza non riguarda l’accesso alla PMA in Italia, ma esclusivamente il riconoscimento legale del figlio nato da una pratica estera effettuata nel rispetto delle norme del paese in cui è stata condotta. Una decisione storica che riafferma il principio secondo cui l’interesse del minore viene prima di tutto, anche delle rigidità normative. Un passo avanti per la giustizia e la tutela dei legami affettivi già esistenti.