Nonostante tutte le modifiche legislative che hanno portato ad un passo avanti nella lotta contro la violenza sulle donne, il Piano nazionale antiviolenza italiano non ha prodotto una risposta efficace e il finanziamento dei centri antiviolenza continua a essere problematico. È quanto emerge dal primo rapporto sull’attuazione, da parte dell’Italia, della “Convenzione di Istanbul” sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, redatto dal Gruppo di esperti “Grevio”.

Una relazione che evidenzia anche il permanere di pericolose resistenze nei confronti di una piena attuazione dell'uguaglianza tra donne e uomini. Dal rapporto emerge con preoccupazione una tendenza «a reinterpretare e rifocalizzare le politiche d'uguaglianza tra i sessi come politiche della famiglia e della maternità». Un dato che emerge dalle pressioni sulle offerte formative delle scuole, ma anche dalla forte delegittimazione di cui sono vittime gli studi sulle questioni di genere nell’ambito della ricerca universitaria.

Ma gli esperti hanno manifestato forte preoccupazione anche per il ddl Pillon sull’affido condiviso, che per gli esperti prevedeva misure che violano la Convenzione di Istanbul. «Se fosse stato approvato - si legge nel rapporto questo disegno di legge avrebbe comportato gravi regressioni nella lotta contro le disuguaglianze tra i sessi e privato i sopravvissuti alla violenza domestica di importanti misure protettive».

Tra le raccomandazioni quella di introdurre una valutazione sistematica di tutte le leggi e misure per analizzare l'impatto che le stesse hanno sulle relazioni tra i sessi e la violenza contro le donne e il rispetto degli standard contenuti nella convenzione d'Istanbul. Ma dal rapporto emerge anche la necessità di riformare il sistema di custodia dei minori. Dai dati raccolti emerge, infatti, che i tribunali italiani non considerano se la donna è stata vittima di violenza, forzando spesso le vittime a incontrare il proprio aggressore per scendere a patti sui diritti di custodia e di visita, mettendo così a rischio anche i minori coinvolti. Ma non solo: carenze sono state rilevate anche nel sistema di prevenzione e protezione delle donne vittime di violenza.

L’aspetto positivo viene dalla serie di riforme legislative che hanno rafforzato la capacità delle autorità di fermare la violenza. Tra queste la legge del 2009 sullo stalking, la legge 119/ 2013, che ha formalizzato «il dovere delle autorità di sostenere e promuovere, anche fornendo mezzi finanziari, una vasta rete di servizi di supporto alle vittime» e la legge “Codice rosso”. Nel mirino del rapporto anche i decreti Salvini, che hanno messo ulteriormente a rischio donne e minori violando l’obbligo di non respingimento. «Si devono garantire i mezzi, la formazione e sensibilizzazione di tutti i professionisti coinvolti per attuare le leggi - commenta Marcella Pirrone, avvocata di Di. Re. -. Leggi giudicate buone di fatto non ottengono i risultati previsti, tanto è vero che, secondo le esperte del Grevio il Piano nazionale antiviolenza non riesce a produrre una risposta integrata e sistemica alla violenza e il finanziamento dei centri antiviolenza continua a essere problematico».