Da tragedia greca a dilemma scientifico. Il caso di Kathleen Folbigg, condannata nel 2003 dal tribunale di Sidney a 40 anni di carcere per aver ucciso i suoi quattro figli, si è trasformato in un vero grattacapo per giudici e medici. 

Dopo 20 anni passati in cella, a scagionare la donna potrebbe essere infatti un gene “killer” rinvenuto nel Dna della madre e di due delle sue figlie: si chiama Calm2 e potrebbe aver agito silenziosamente causando la morte dei bimbi, tutti deceduti prima dei due anni. Il primo, Caleb, è morto nella sua culla quando aveva soltanto 19 giorni. Due anni dopo lo stesso destino è toccato a suo fratello Patrick, che aveva 8 mesi e soffriva di epilessia. Sarah e Laura hanno smesso di respirare durante il sonno: avevano 10 e 18 mesi.  

Morti improvvise e forse naturali, secondo le nuove evidenze scientifiche, che individuano nel gene fatale il vero assassino. “Con le evidenze disponibili oggi, possiamo concludere che esiste un ragionevole dubbio sulla colpevolezza di Ms. Folbigg”, ha spiegato la procuratrice Sally Dowling dopo la riapertura del caso. Sul quale i giudici si pronunceranno nei prossimi giorni: la senza di condanna nei confronti della “peggior serial killer d’Australia” sarà probabilmente annullata.

“La malattia genetica causata dal gene Calm2 si chiama calmodulinopatia ed è per fortuna molto rara”, spiega il professor Peter Schwartz, esperto in materia e direttore del Centro per le aritmie cardiache di origine genetica dell'Auxologico Irccs di Milano, a cui si rivolse nel 2019 la ricercatrice Carola Viñuesa dopo aver trovato la mutazione genetica nel Dna della famiglia. Per gli esperti la scoperta di quel gene fatale era sufficiente a spiegare qle morti improvvise, e nel corso degli anni a favore della donna sono scesi in campo decine di scienziati. 

A inchiodare Folbigg, che si è sempre dichiarata innocente, fu non solo la terribile sequenza di morti in culla. Ma anche una frase scritta nel suo diario – “con un po' d’aiuto” –  che convinse i giudici della sua colpevolezza. Un verdetto ribadito tra il 2018 e il 2019, in sede di riapertura del processo. “Io, da scienziato, non so se Kathleen Folbigg sia colpevole o no, ma posso affermare che la morte nel sonno delle due bambine può essere spiegata da quanto abbiamo scoperto e capito delle mutazioni sul gene della calmodulina”, aggiunge il professor Schwartz.