Le chat di Luca Palamara, anche se sono trascorsi oltre cinque anni, continuano a creare problemi ai magistrati. L'ultima vittima in ordine di tempo è il giudice palermitano Fabio Pilato che, come centinaia di suoi colleghi, si era rivolto al "Luca nazionale" quando quest’ultimo era un potente membro del Consiglio superiore della magistratura. A differenza, però, della maggior parte di costoro che grazie all'intercessione di Palamara hanno ricevuto incarichi e nomine, Pilato non ha avuto nulla e ieri il Csm gli ha anche negato, a maggioranza, la valutazione di professionalità per mancanza dei prerequisiti. Una vera beffa.

La vicenda ha inizio quanto Pilato, sottoposto a disciplinare, chiede a Palamara il nome di un difensore. Il disciplinare era nato a seguito di esposti della sua presidente di sezione che, a suo dire, lo perseguitava. «In quel periodo sono stato oggetto di tanti esposti da parte di un presidente di sezione (Pasqua Seminara, ndr), che adesso è in pensione, e questa cosa era diventata quasi una barzelletta», aveva dichiarato Pilato, affermando che il disciplinare era stato «costruito a tavolino per lesa maestà, per antipatia personale, perché nella mia attività di giudice tutelare non stavo troppo simpatico». Il procedimento, poi, si era protratto a causa «dell'accanimento del ministero e di inspiegabili rinvii della sezione disciplinare», arrivando ad ipotizzare, poiché Palamara e il vice presidente del Csm Legnini dicevano “bisogna colpire Salvini”, che il comportamento del ministero fosse ascrivibile alla sua qualità di presidente del Tribunale dei Ministri nel “caso Salvini-Diciotti".

Pilato, poi, aveva spiegato di essersi rivolto a Palamara poiché la collega «Alessia Sinatra, che era in Anm», lo aveva consigliato in quella direzione («mi dice: “guarda, c’è Luca, che è il nostro referente, capisce della materia, chiamalo che ti saprà dare tutti i consigli di questo mondo”. Quindi, siccome Palamara era l’unico collega romano che conoscevo, prendo il telefono e lo chiamo»). In altre parole, aveva chiesto solo un consiglio circa il difensore cui rivolgersi («è successa questa cosa. A chi posso rivolgermi?”, mi dice: “guarda, c’è Roberto Carrelli Palombi, che è un bravissimo difensore”»), convinto di non interferire con la sezione disciplinare posto che lo stesso Palamara gli aveva premesso di essere componente di una diversa sezione («Lì è stato lo stesso Palamara che ha fatto una precisazione preliminare a qualsiasi forma di interlocuzione, dicendo: “Posso parlare con te perché siccome tu hai un difensore che è un collega io non sarò mai il tuo giudice naturale”, perché mi ha spiegato, e questa è una cosa che voi potrete facilmente rilevare agli atti, che la Sezione disciplinare era stata divisa in due Sezioni: una sezione dove confluivano gli affari di minore rilevanza, dove tendenzialmente i colleghi erano assistiti da altri colleghi, e un'altra sezione dove invece c’erano dei difensori esterni. Questa è stata la versione che mi ha fornito Luca Palamara, che io ho preso per buona perché non avevo motivo per dubitare»).

In questo contesto, dunque, si era anche più volte sfogato con Palamara per rabbia e timore di un procedimento disciplinare ingiusto. Con riferimento, infine, alle domande per i posti semidirettivi, Pilato aveva solo chiesto di essere correttamente valutato e non pregiudicato dai dissapori territoriali all’interno del gruppo Unicost («Le antipatie locali mi hanno pregiudicato quando poi ho fatto la richiesta del semidirettivo perché i discorsi che mi venivano fatti erano questi: “Tu hai il disciplinare pendente e con il disciplinare pendente non ti prenderanno mai in considerazione” ... Mi sono trovato stretto fra l’incudine e il martello perché, da un lato, c’era il disciplinare, dall’altro lato, “scusate, ma cosa sto chiedendo? Chiedo soltanto di essere valutato. Voi non dovete darmi un semidirettivo che non mi spetta, io chiedo soltanto di essere...»).

Il magistrato siciliano, in conclusione, aveva evidenziato di essere stato “vittima del sistema”, sostenendo che l’interlocuzione con Palamara era quello: un consiglio. Pilato, come detto, non aveva conseguito alcuno dei posti per cui aveva fatto domanda e non aveva mai beneficiato dell’appoggio del gruppo. Di diverso avviso, invece, era stato recentemente il Csm nei confronti di un procuratore aggiunto che aveva dichiarato di avere registrato un «veto» nei suoi confronti perché «aveva gestito determinati procedimenti particolarmente sensibili che avevano inciso nei confronti dei detentori del potere». Per superare il “veto” ed ottenere l’agognata nomina il magistrato si era dunque recato al Csm a trovare Palamara ottenendo così il via libera per il prestigioso incarico. In quel caso, tutto regolare per Palazzo dei Marescialli e nessun addebito. Della serie, due pesi e due misure.