I FAN DEL PROCURATORE

Ipenalisti calabresi hanno dichiarato uno “sciopero” per il 14 e 15 luglio contro un'amministrazione della giustizia nella regione che considerano ormai lesiva dello stato di diritto. C'è un dato che è incontrovertibile: la Calabria detiene il record nazionale di persone dichiarate innocenti dopo gli arresti e il processo; record di errori giudiziari, insomma. In alcuni casi, si è calcolato che meno del 20 percento degli arrestati sia stato poi considerato colpevole.

A GIUSTA LA MANIFESTAZIONE DI MILANO IN DIFESA DEL PM, NON L’IDEA CHE IL SUO METODO SIA L’UNICO POSSIBILE

Le Camere penali calabresi hanno dichiarato uno “sciopero” per il 14 e 15 luglio – due giorni di astensione dalle udienze – contro un’amministrazione della giustizia nella regione che considerano ormai lesiva dello stato di diritto.

C’è un dato che è incontrovertibile: la Calabria detiene il record nazionale di persone dichiarate innocenti dopo gli arresti e il processo; record di errori giudiziari, insomma. In alcuni casi, si è calcolato che meno del 20 percento degli arrestati sia stato poi considerato colpevole: su dieci, per dire, due colpevoli e otto innocenti – dopo anni di carcere duro. È un dato mostruoso. Né vale dire che proprio perché siamo in Calabria è normale che ci siano tanti processi per’’ ndrangheta con tanti imputati: cos’è – arrestiamoli tutti, poi Dio riconoscerà gli innocenti? E a meno di pensare che tutti i giudici giudicanti, al contrario dei procuratori, siano al soldo della mafia, quello è un dato indicativo. Indicativo, cioè, di un “modo” di procedere – che è stato anche definito “pesca a strascico” – in cui si fanno operazioni “spettacolari” con grancassa mediatica, con centinaia di arresti, con abuso nell’applicazione e mantenimento delle misure cautelari, che però poi non reggono alla prova dei fatti e del giudizio. Ma quelle vite, e le comunità dove sono inserite, ne rimangono ferite a morte per sempre.

La lotta alla ’ ndrangheta è una questione prioritaria, fondamentale, per la Calabria e per il paese tutto. E la mobilitazione civile – la stessa formazione di una cultura sociale – ne sono un importante complemento, forse anzi la vera speranza, insieme alle opportunità di creare lavoro per i giovani, per lo sradicamento di una piaga parassitaria che è economica oltre che sociale. Ma in nome della lotta alla ’ ndrangheta è sbagliato, è controproducente, è immorale sacrificare vite civili. Ancora, a esempio di “distorsioni”: va sempre più manifestandosi una forte perplessità riguardo l’amministrazione giudiziaria dei beni confiscati alla criminalità organizzata – al limite stesso della costituzionalità e in cui comunque è diventata marginale la valorizzazione imprenditoriale prevalendo piuttosto un modello di tipo assistenziale, spesso fallimentare. Non tutto è così, e ci sono splendidi esempi di valorizzazione e di “restituzione” alla società: ma, spesso, quest’azione di “complemento” a quella giudiziaria ha finito con il penalizzare attività economiche sane. Parliamo di imprenditori per bene, parliamo di posti di lavoro. Ancora, a esempio di “distorsioni”: lo scioglimento dei consigli comunali, spesso anche reiterato, ha assunto un carattere “moralizzatore” ma dove non ci sono mai prove di effettivi reati o di partecipazione associativa; il presunto “familismo amorale” antropologico dei calabresi è diventato una leva per scardinare: a volte bastava avere un cognato o uno zio o lo zio di un cognato che era stato coinvolto in processi per ’ ndrangheta e “l’ambiente” non poteva che essere infettato.

La “zona grigia” è una categoria dello spirito, non può essere un principio di accusa, dove servono prove di reato. Ma è proprio questo il punto: in Calabria si vive sotto “presunzione di colpevolezza”. È come se il “principio di Davigo” riguardo la colpevolezza “a prescindere” dei politici – «Non esistono politici innocenti ma colpevoli su cui non sono state raccolte le prove» – si applicasse a tutti i calabresi che non possono non essere ’ ndranghetisti, e quelli che non vengono condannati è solo perché l’hanno fatta franca. Va da sé che gli avvocati sono considerati – quando va bene – un intralcio.

Ieri l’altro, a Milano, città dove la ’ ndrangheta ha esteso e radicato i suoi tentacoli, si è svolta una manifestazione, voluta da oltre 150 associazioni, di sostegno al giudice Gratteri – per delle minacce ricevute di recente. È bello che delle persone si dichiarino pronte a proteggere il procuratore Gratteri – “Gratteri non si tocca”, gridavano tutti insieme. Ma è come se quelle persone lì manifestanti – che sventolano di nuovo le “agende rosse” – dichiarassero che per loro è meno importante lo stato di diritto e più importante che si combatta la ’ ndrangheta con qualunque mezzo. Se qualche vita innocente ne rimane travolta e spezzata – sarà pure un sacrificio che si può compiere. Ma questo non è bello, per niente.

Il senatore Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia, era presente alla manifestazione. Il senatore Morra – che sembra la figurina del feroce Saladino del giustizialismo – ci aveva qualche tempo fa spiazzato dichiarando che: «Uno Stato forte si presenta con caratteristiche di giustizia e mai di vendetta; la volontà di far sentire i muscoli dello Stato su chi non può più reagire è accanimento». Sorprendente. Va detto che era accaduto tra una infelice dichiarazione sulla povera Jole Santelli, governatore della Calabria, morta per cancro, e un altrettanto infelice blitz contro il centro vaccinale di Cosenza, dove si era presentato con la scorta a cui aveva chiesto di identificare tutto il personale sanitario presente, a suo dire “incapace di gestire la vaccinazione”. Ieri l’altro, a Milano, il senatore Morra si è lasciato andare contro il ministro Cartabia e la sua riforma – «demolita, distrutta, devastata dalle critiche di Gratteri» – lasciando intendere che a Cartabia, e al governo Draghi, la questione della lotta alla ’ ndrangheta non interessi per nulla. Questo governo è per la “normalizzazione”, ovvero non vive la ’ ndrangheta come “emergenza”, e perciò il suo operato è – ancora parole di Morra – Nc, non classificato. Che sono appunto – ellitticamente per un verso e più apertamente per un altro – le stesse identiche parole del procuratore Gratteri.

Gratteri non si tocca – ci mancherebbe. Ma questa “personalizzazione” tra Gratteri e la lotta alla ’ ndrangheta non fa bene alla stessa lotta alla ’ ndrangheta, dato che sembra che solo Gratteri, in questo paese, la faccia, e tutti gli altri – magistrati, forze di polizia, avvocati, imprenditori, insegnanti, professionisti, giornalisti, persone comuni – esclusi i manifestanti pro- Gratteri e il signor Morra in cerca di futuro politico, in alto e in basso, siano invece collusi.

Che è una cosa che proprio non si può sentire.