«Complotto politico», «censura preventiva», «castigo». Il caso della magistrata Marzia Eugenia Sabella, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Palermo che ha chiesto di essere autorizzata a partecipare a incontri con studenti nell'ambito del programma “Adotta uno scrittore” presso il Salone internazionale del libro, si è trasformato in uno show. Il tutto a causa degli articoli che hanno anticipato il voto del plenum del Csm della delibera con la quale si negava l’autorizzazione alla toga, diventata per la stampa militante il tentativo di bloccare la magistrata impegnata nel processo a carico di Matteo Salvini. Il retropensiero è chiaro: il Csm, per la prima volta in mano al centrodestra, cerca di punire la magistrata che vuole incastrare il leader della Lega.

Peccato però il problema fosse solo uno: i mille euro di compenso ai quali Sabella non avrebbe voluto rinunciare, secondo quanto evidenziato mercoledì in plenum. La versione della stampa è stata fortemente criticata dai consiglieri del Csm - senza distinzione di colore politico - che hanno sì deciso di rinviare la pratica in Prima Commissione per un supplemento di istruttoria, date le possibili contraddizioni interne delle circolare sulla cui base era stato deciso il niet, ma respingendo al mittente qualsiasi tipo di dietrologia. Anche perché il motivo del no è semplice: a sborsare quei soldi sarà una società privata, nonostante la circolare sugli incarichi extragiudiziari evidenzi la necessità di «evitare che il prestigio come pure i valori dell’indipendenza ed imparzialità siano oppure appaiano compromessi o anche soltanto esposti a rischio, per effetto di gratificazioni o compensi collegabili ad incarichi concessi o controllati da soggetti estranei all’amministrazione della giustizia».

«È inutile negare che l'attenzione che in parte dedichiamo a questa pratica nasce purtroppo dallo sproporzionato e scorretto clamore mediatico che ha avuto - ha sottolineato il togato di Area Marcello Basilico -. Tanti magistrati fanno attività di pubblicità della vita della Costituzione nella società, della legalità senza richiedere compensi quotidianamente. In questo caso nulla da censurare sulla istanza della collega ovviamente, ma è ovvio che qua c'è in gioco, come è stato detto, nulla di più che il compenso non certo la libertà di manifestazione del pensiero in un luogo prestigioso come il Salone del Libro».

La Prima Commissione aveva proposto il rigetto dell’istanza dopo «una accurata istruttoria», ha sottolineato il laico di Forza Italia Enrico Aimi, pur cercando di fare il possibile per «trovare una soluzione positiva alla richiesta». Ma senza successo, in quanto il soggetto conferente è una fondazione di partecipazione, «configurando un modello atipico di persona giuridica privata che non ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente l'attività formativa o scientifica in ambito giuridico», mentre il compenso previsto «costituisce un gettone ulteriore rispetto alle spese di viaggio e di soggiorno che saranno sostenute direttamente dalla organizzazione». Non trattandosi di attività di pubblicistica o di produzione artistica, come precisato dalla stessa lettera di incarico, la Commissione ha ritenuto quindi che si trattasse di un'attività assimilabile a convegni, incontri o seminari, «liberamente espletabile solo se non retribuita», come previsto dall’articolo 1.1 della circolare in materia di incarichi extragiudiziari. 

In casi simili, l’autorizzazione è stata concessa a numerosi magistrati, ha evidenziato Aimi, «ma solo a seguito della rinuncia al compenso da parte dei richiedenti». A Sabella, ha dunque aggiunto il laico in quota FI, «non viene assolutamente impedita la partecipazione» all'evento, «come erroneamente è stato riportato anche da taluni mezzi di informazione»: la toga potrà partecipare, «ma a condizione di rinunciare al compenso ulteriore rispetto al rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno». E ciò sulla base di una circolare, ha evidenziato il togato di Magistratura Indipendente Eligio Paolini, voluta non da questo Csm, ma da quello precedente. «Un articolo on-line faceva riferimento addirittura ad un complotto politico ordito da questo Consiglio che riflette una maggioranza parlamentare diversa rispetto all'attività svolta dalla collega, che svolge il ruolo di pm nei confronti di un senatore della Repubblica - ha sottolineato -. Questa circolare è stata approvata non da questo Consiglio ma dal Consiglio precedente, dove c'era una maggioranza del tutto diversa. Dopodiché questo consiglio è stato tacciato di essere burocratico. Se applicare la circolare e le norme a tutti - e sottolineo a tutti - vuol dire essere burocrati, sono orgoglioso di esserlo», ha concluso.

La discussione si è conclusa con l’accoglimento della proposta del procuratore generale Luigi Salvato, che pur sottolineando come «la delibera è ineccepibile perché effettivamente la partecipazione ai convegni e seminari previsto dalla circolare all'articolo 5 è esclusivamente quella focalizzata sulla materia giuridica, quindi evidentemente attività del genere non sembrerebbero autorizzabili», ha proposto un supplemento di istruttoria per una riflessione sul punto 4.2 della circolare, che prevede in termini più ampi la possibilità di svolgere attività a carico dei privati, subordinando l'autorizzazione ad un obbligo di motivazione rafforzata. Una discussione «ridicola», ha commentato fuori onda qualche toga, che però dà l’idea del livello di polemica cui sarà costretto a far fronte il Csm del dopo Palamara.