«Ha un deficit cognitivo, dice le bugie come i bambini. Quella mattina ha avuto paura, non sapeva cosa dire e allora si è inventata che c'era la babysitter ma non era nemmeno in grado di dire sempre lo stesso nome, prima 'Giovanna', poi 'Jasmine', come un bambino» Così' l'avvocato di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani, commentando le bugie sulla presenza di una babysitter nella casa di via Carlo Parea a Milano in cui il 20 luglio 2022 è stata trovata morta la figlia Diana, che ieri sono emerse durante il processo alla donna accusa di omicidio volontario pluriaggravato.

Nei primi minuti e ore dal ritrovamento Pifferi ha parlato di una babysitter a tutti i medici intervenuti, ad almeno due vicini di casa e ai poliziotti ma senza fornire contatti telefonici e cambiando i nomi dell'eventuale levatrice. Nell'aula della Corte d'Assise è stata chiamata a testimoniare la vera babysitter che nei mesi prima aveva tenuto Diana in qualche occasione, in realtà un'amica che lo faceva gratis tranne in un'occasione per 10 euro quando la madre si è dovuta vaccinare contro il Covid all'ospedale di San Donato.

«A fine maggio 2022 ho iniziato a lavorare per una società di vigilanza come portiera - ha detto ai giudici la teste Serena Maria Convertino - e ho finito il 31 luglio 2022. L'ultima volta che ho tenuto Diana è stato un mese prima che iniziassi a lavorare ad aprile». Una data incompatibile con i giorni in cui la piccola moriva di stenti e disidratazione abbandonata in casa, collocata dai medici legali 24-48 ore prima del 20 luglio 2022.