No al trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale per Marco Mancinetti, ex togato al Csm, dimissionario per lo scandalo Palamara e condannato alla sanzione disciplinare della censura, che resta al suo posto alla Corte d'appello di Roma. Lo ha deciso il Consiglio superiore della magistratura che ha approvato a maggioranza, con quattro voti contrari e quattro astensioni, la delibera della prima commissione che dispone l’archiviazione del procedimento «per estinzione», per essere trascorsi i termini massimi consentiti dalla circolare del regolamento interno per l’avvio dell’attività conoscitiva e istruttoria «a prescindere da ogni altra considerazione procedurale o di merito». Dunque «il procedimento non può che dirsi estinto per superamento dei termini stabiliti dalla normativa, con conseguente necessità di disporne l’archiviazione». Il termine semestrale previsto dalla circolare - decorrente dal 21 settembre 2021 (giorno della relazione) o, in subordine, dal 30 giugno 2022 (giorno dell’acquisizione della rassegna stampa) -, era già integralmente decorso prima dell’insediamento della commissione nella sua attuale composizione.

«Pertanto, in assenza di proposta di archiviazione o di trasferimento all’Assemblea plenaria, il presente procedimento non può che dirsi estinto per superamento dei termini stabiliti dalla normativa sopra richiamata, con conseguente necessità di disporne l’archiviazione». Mancinetti era stato l’ultimo dei sei togati a dimettersi a settembre del 2020, dopo che a suoi carico era stata avviata l’azione disciplinare per le chat intercorse con Luca Palamara. Prima di lui si erano dimessi Gialnuigi Morlini, Antonio Lepre, Corrado Cartoni, Luigi Spina, Paolo Criscuoli: tutti, insieme con Luca Palamara, sono stati processati dalla sezione disciplinare del Csm per l’incontro all’Hotel Champagne di Roma dove, con i politici Luca Lotti e Cosimo Ferri, avevano discusso di nomine alla guida delle principali procure italiane, innanzitutto quella della Capitale.