Negli ultimi giorni di fine estate il dibattito politico ruota attorno - tra il resto - alla vicenda penale che ha coinvolto l’odierno Sottosegretario alla giustizia, on. avv. Delmastro.

Il Sottosegretario, infatti, è attualmente imputato del delitto di cui all’art. 326 c.p. (rivelazione di segreto di ufficio) dopo che la Procura della Repubblica, a seguito della promozione dell’archiviazione del procedimento, si era vista costretta a formulare la richiesta di rinvio a giudizio in conseguenza della decisione del GIP che aveva rigettato la menzionata richiesta, disponendo al PM di formulare l’imputazione coatta.

Il caso, noto, su cui non occorre spendersi troppo, concerne l’asserita rivelazione da parte del Sottosegretario di informazioni inerenti conversazioni intercettate in carcere tra Cospito, al 41bis, e altri soggetti malavitosi, all’on. Donzelli (vice-presidente del Copasir, circostanza che in astratto potrebbe ricoprire un ruolo nella vicenda in esame in quanto persona autorizzata a ricevere l’informazione), il quale ultimo avrebbe poi diffuso tali informazioni in Parlamento per accendere il dibattito contro gli avversari politici.

Immediatamente fu depositato un esposto presso la Procura della Repubblica, la quale indagò l’on. Delmastro del summenzionato delitto, poi convincendosi dell’insussistenza dell’elemento soggettivo.

Tuttavia, come accennato, il GIP di Roma non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura - ritenendo, al contrario, la sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato - imponendo la formulazione dell’imputazione coatta.

Per novembre è dunque fissata la data dell’udienza preliminare nell’ambito della quale si dovranno valutare eccezioni/questioni preliminari, nonché l’accennata possibilità da parte di alcuni esponenti dell’opposizione di costituirsi parte civile. La questione, dunque, sulla quale è chiamato a pronunciarsi il GUP, abbraccia valutazioni tanto in diritto quanto in fatto (nei limiti della cognizione di tale giudice, non trattandosi di un giudizio del merito).

Nel processo penale, come noto, assume la veste di parte civile chi, danneggiato dal reato, viene riconosciuto tale dall’Autorità giudiziaria, nelle modalità e nei termini stabiliti dal codice di procedura penale. La non coincidenza tra persona offesa (titolare dell’interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice) e soggetto danneggiato dal reato non è in alcun modo ostativa al riconoscimento anche in capo a quest’ultimo di un diritto risarcitorio, purché venga accertata la produzione nella sfera giuridica dello stesso di un danno ascrivibile, secondo le regole della causalità umana, alla condotta del soggetto attivo del reato.

Il delitto in questione, come accennato, concerne la rivelazione del segreto d’ufficio. In tema di rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, l’effettività del pericolo costituito dalla condotta criminosa va individuato nella compromissione del normale funzionamento della PA, bene giuridico protetto dalla norma e valore garantito dall’art. 97 della Costituzione, posto che proprio l’osservanza del segreto assicura l’efficacia dell’azione amministrativa. L’art. 326 c.p. protegge, dunque, il normale funzionamento della Pubblica Amministrazione che costituisce una proiezione dei principi costituzionali contenuti nell’art. 97 Cost., e si estrinseca anche con l’osservanza del segreto d’ufficio inerente al rapporto funzionale tra il pubblico funzionario e l’amministrazione di appartenenza: il segreto evita che l’efficacia dell’azione dell’ente pubblico sia pregiudicata dalla rilevazione del contenuto di certi atti.

Si evince, quindi, che la Persona Offesa dal reato sia - genericamente - la PA, prima legittimata se danneggiata dal reato a costituirsi parte civile.

Ciò detto, è riconosciuto a chiunque - in linea astratta - si proclami soggetto danneggiato dal reato avanzare domanda di costituzione di parte civile. A tal proposito, valga osservare come il vaglio di ammissibilità richiesto al GUP concerne la cd. legitimatio ad causam, il quale si esaurisce nella verifica dell’identità tra chi chiede la tutela giudiziaria e colui che, sulla base della stessa prospettazione attorea, sarebbe legittimato a riceverla in relazione alla situazione sostanziale dedotta in giudizio, essendo il potere di sindacato del Giudice limitato alla verifica dell’esistenza di una pretesa risarcitoria connessa a un danno asseritamente derivante dal reato contestato nel procedimento, senza alcuna valutazione in ordine alla pretesa, collegata invece all’adempimento dell’onore deduttivo e probatorio incombente sull’attore e spettante alla fase del giudizio di merito. In altri termini, la legittimazione all’azione civile nel processo penale va verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell’azione, in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarità del vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui accertamento riguarda il merito della causa.

Peraltro, al pari di altre fattispecie incriminatrici a preminente tutela dell’interesse pubblicistico, non sembrerebbe potersi escludere a priori la possibilità che anche interessi privati possano essere lesi o compromessi dalle stesse, cagionando dei c.d. danni mediati ed indiretti (se costituiscono effetti normali dell’illecito secondo il criterio della regolarità causale) quali quelli che sembrerebbero voler addurre alcuni Parlamentari dell’opposizione a seguito delle condotte dell’on. Delmastro.

Ferme le ulteriori valutazioni di carattere giuridico e preliminari - inerenti la natura del reato, gli interessi protetti, il livello di protezione delle informazioni diffuse (coperte da segreto d’ufficio o meramente riservate), il rispetto o meno della catena di segretezza dell’informazione asseritamente violata (la diffusione della notizia sembrerebbe essere avvenuta, infatti, dall’on. Donzelli in Parlamento) - che dovrà svolgere il GUP circa il pronunciamento di una sentenza di non luogo a procedere ovvero disporre il giudizio. Si può concludere - allo stato - che il buon esito dell’ammissione di parte civile dipenderà tutto dalla motivazione portata dai legali al Giudice circa la sussistenza degli elementi di cui si è brevemente detto sopra, in particolare la sussistenza di un danno causalmente riconducibile alle asserite condotte dell’on. Delmastro.