«Abbiamo preso posizione sulla separazione delle carriere perché pensiamo che si apra necessariamente ad un controllo politico sul pubblico ministero e sull’azione penale». Così il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia sabato scorso a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in corte d’appello a Roma.

«I nostri timori ci è stato detto che erano infondati con la comunicazione del ministro alle camere di qualche settimana fa. Quei timori però hanno trovato conferma perché il ministro ha detto che bisogna pensare a delle riforme sul ruolo del pubblico ministero che ne ridimensionino l’indipendenza e ne assicurino una maggiore responsabilità. A quel punto diventerebbe una responsabilità di tipo politico, quindi è dalle parole del ministro che prendono corpo i nostri timori».

«Al di là del merito il problema che si pone è che non si può cambiare la legge ogni anno o ogni due anni. La legge che governa i tempi del processo, prescrizione e procedibilità, è strettamente connessa con l’organizzazione del lavoro delle corti. Se il legislatore, indifferente ai problemi dell’organizzazione, cambia di continuo la legge ci saranno delle fortissime ricadute che potrebbero compromettere i buoni raggiunti finora. I 26 presidenti delle Corti di Appello hanno chiesto al ministro e al Parlamento di fare proprie scelte, ma di assicurare una disciplina transitoria che consenta di riprogrammare il lavoro. Questa attenzione non c’è stata», ha detto Santalucia.

«Il tema del processo telematico lo abbiamo posto al ministro Nordio sempre. Il problema delle risorse informatiche è il primo problema», ha detto. «Su questo scontiamo ritardi e inadeguatezze: lo abbiamo più volte detto al ministro. Ci sono continui fermi negli applicativi che compromettono l’efficienza. Su questo versante si sconta una inadeguatezza delle strutture che non è facile risolvere in tempi brevi. Questo è il primo problema, ancora prima delle nuove riforme normative», ha detto. «Sui test psicoattitudinali vorremmo capire di cosa si parla, perché sono annunci e proclami e non c’è nulla di concreto. Poi ricordo a tutti, per tranquillizzare, che l’equilibrio dei magistrati è uno dei primi parametri della valutazione fin da quanto si entra in magistratura e si fa sul campo. Poi se si pensa di introdurre altro vedremo come, quando, la tempistica e le modalità, altrimenti si parla di qualcosa di molto astratto e che ci richiama ad una contrapposizione con la politica che noi vorremmo mettere da parte. Penso che qualcuno ogni tanto la voglia rinfocolare ad arte», ha detto.
A rilanciare la separazione delle carriere anche Matteo Salvini e Antonio Tajani. «Non saremo un Paese compiutamente democratico, libero, moderno e sviluppato, senza una profonda, necessaria, giusta, condivisa e urgente riforma della giustizia», ha detto il leader del Carroccio sabato in collegamento social con la nona edizione nazionale della Scuola politica della Lega. Siamo «per la separazione delle carriere». E «chi sbaglia, paga. Responsabilità anche personale di colo che amministrano da sera a mattina la libertà degli uomini e donne: se sbagliano, come qualsiasi altro lavoratore, devono pagare le conseguenze del loro drammatico errore». «Siamo garantisti ma non siamo contro i magistrati», ha affermato Antonio Tajani in uno dei passaggi del suo intervento sabato dal palco della kermesse per il trentennale azzurro. Il vicepremier e ministro degli Esteri ha ribadito la necessità della separazione delle carriere nella magistratura, una riforma «con cui vogliamo esaltare il ruolo del giudice».