Politica e giustizia incrociano ancora una volta i loro destini. Al termine della pausa estiva si potrebbe assistere a una accelerata sul tema della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con una singolare competizione interna alla maggioranza. Forza Italia vuole giocare una partita da protagonista e uscire dall’angolo di «alleato minore» in cui è stata relegata.

L’assist è stato fornito dall’iniziativa degli oltre 300 magistrati (penalisti, civilisti, giudici e pubblici ministeri) ora in pensione firmatari di una lettera in cui si “diffida” il ministro della Giustizia Carlo Nordio affinché non alteri la Costituzione con l’attuazione del “divorzio” tra giudici e pm, il cui iter riformatore è stato già calendarizzato. Tra i sottoscrittori del documento, Piercamillo Davigo, Francesco Greco, Gherardo Colombo, Armando Spataro e Marcello Maddalena.

La levata di scudi delle toghe in congedo sembra però aver già innescato una sorta di un effetto galvanizzante per la maggioranza. Lo vedremo comunque alla riapertura delle Camere. Forza Italia potrebbe considerare alla portata la riforma sulle carriere separate. Ma anche i maggiori azionisti del governo, Fratelli d’Italia e Lega, sarebbero tentati di andare in trincea, accelerando il percorso in Parlamento a dispetto delle iniziali previsioni di Palazzo Chigi.

Da Forza Italia sono partiti in questi giorni messaggi molto chiari e non con un solo destinatario. Le parole dei parlamentari azzurri sono state indirizzate tanto alla magistratura a riposo, promotrice dell’appello a Nordio, quanto agli alleati. Tommaso Calderone, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia a Montecitorio, considera l’iniziativa delle 300 toghe un tentativo «per frenare la proposta di legge» a sua prima firma sulla separazione delle carriere. «Le firme – aggiunge – si raccolgono nei condomini, per fare togliere le biciclette dagli androni, non per fermare le primarie prerogative dei parlamentari. Per quanto mi riguarda il documento dei magistrati in pensione è tamquam non esset. Andremo avanti più spediti di prima. La separazione delle carriere è un punto fondamentale del programma di Forza Italia, una riforma fondamentale per avere, finalmente, una giustizia efficiente, giusta e trasparente. In quanto parlamentare devo rendere conto a decine di milioni di italiani che vogliono questa riforma e che sono certamente molti di più di 300 unità».

Molto critico anche un altro esponente azzurro di peso, Maurizio Gasparri, che parla addirittura di «aggressione alla sovranità del Parlamento». «Il dibattito politico istituzionale italiano – dice – resta sempre sbilanciato. Per qualche giorno avremo ancora pagine intere sul libro del generale Vannacci, testo che non passerà certamente alla storia come “I promessi sposi” o “Il Gattopardo”, mentre è passato quasi sotto silenzio un testo, quello sì pericoloso, un atto di grave intimidazione nei confronti del Parlamento, sottoscritto da alcune centinaia di magistrati in pensione, che punta, come al solito, ad impedire al Parlamento di esprimersi sulla riforma della giustizia. In particolare questi ex magistrati ordinano di non procedere alla annunciata riforma della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri». Gasparri è netto e annuncia battaglia: «Questa ulteriore aggressione alla sovranità del Parlamento sarà respinta. Questa riforma “s'ha da fare”. E non saranno i fogli d'ordine dei “padroni della verità” a bloccare il libero Parlamento italiano. Noi rispettiamo la legalità repubblicana e la sovranità delle istituzioni democratiche. Questo manifesto-appello rappresenta un atto grave, ben più inquietante di un ufficiale in cerca di improbabile gloria. Eppure se ne parla troppo poco. Noi ne parleremo. Anche in Senato».

Sul tema si registra per Fratelli d’Italia un passaggio sfumato della ministra del Turismo, Daniela Santanché: «Le riforme promesse, come quella in senso presidenziale, quella dell'autonomia differenziata o la separazione delle carriere per i magistrati, si faranno, a differenza degli ultimi quarant'anni, perché adesso c’è una donna come premier». Il ministro leghista delle Infrastrutture e vicepremier, Matteo Salvini, parlando della vicenda del generale Vannacci, ha aggiunto che «sulla riforma della giustizia si procede spediti e checché ne dica qualche benpensante sulla colonna di qualche giornalone la separazione delle carriere tra chi indaga e chi giudica è assolutamente sacrosanta e propria di un paese libero».

Nell’appello inviato al ministro della Giustizia i magistrati in pensione sostengono che l’annunciata riforma sulla separazione delle carriere «stravolgerebbe l’attuale architettura costituzionale che prevede non solo l’appartenenza di giudici e pm ad un unico ordine giudiziario, indipendente da ogni altro potere, ma anche un unico Csm». Inoltre aggiungono che «i giudici guardano alla rispondenza agli atti e alla logica degli argomenti delle parti, e non certo alla posizione di chi li propone: se fosse fondato questo sospetto, anche il giudice dell’impugnazione non dovrebbe far parte della stessa carriera del giudice del precedente grado di giudizio».

Intanto la ripresa dei lavori parlamentari è vicina. Il 6 settembre nella commissione Affari costituzionali della Camera, presieduta dall’azzurro Nazario Pagano, saranno esaminate le proposte di legge sulla separazione delle carriere (a firma di Enrico Costa, Roberto Giachetti e Jacopo Morrone). Nello stesso giorno è prevista l’audizione del presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco, del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia e del coordinatore dell’Ocf Mario Scialla. Forza Italia, desiderosa di guadagnare maggiore agibilità politica, potrebbe fungere da traino. La “provocazione” della magistratura, con l’appello a Nordio, rischia dunque davvero di rafforzare la centralità della separazione delle carriere nell’agenda politica. Prevedere quando la riforma andrà in porto non è possibile. Di sicuro nel governo e nella maggioranza si dovrà giocare a carte scoperte.