MOSCA IRRIDE ROMA E LONDRA

Prima è toccato a Boris Johnson, ora a Mario Draghi. Nel giro di pochi giorni Londra e Roma si ritrovano improvvisamente senza una guida politica. Chi travolto dagli scandali e dalle vendette dei propri compagni di partito, chi dai piccoli calcoli dei propri alleati. Fatto sta che nel pieno della crisi internazionale più grave degli ultimi vent’anni sono caduti i governi di due grandi Paesi dell’Occidente. MOSCA IRRIDE L’OCCIDENTE PER LE CRISI DI GOVERNO PERCHÉ NON COMPRENDE LE SOCIETÀ LIBERE

Prima è toccato a Boris Johnson, ora a Mario Draghi. Nel giro di pochi giorni Londra e Roma si ritrovano improvvisamente senza una guida politica. Chi travolto dagli scandali e dalle vendette dei propri compagni di partito, chi dai piccoli calcoli dei propri alleati.

Fatto sta che nel pieno della crisi internazionale più grave degli ultimi vent’anni sono caduti i governi di due grandi Paesi della coalizione occidentale.

Una circostanza che ha suscitato sprezzanti sarcasmi nei dintorni del Cremlino. In particolare da parte di Dimitry Medvedev, il “Joker” del regime putiniano che dopo anni di profilo basso all’ombra del capo sembra aver scoperto una seconda, virulenta giovinezza, fatta di insulti e sberleffi a ruota libera. All’indomani delle dimissioni di Johnson il vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo sull’ormai imperdibile account Telegram aveva sdottoreggiato sulla «decadenza dei sistemi liberali», incapaci di garantire stabilità politica ai propri popoli per poi chiudere ironicamente: «Se ne va il migliore amico di Kiev, speriamo che arrivi qualcuno di più professionale». Stessa litania con la caduta di Mario Draghi: «Ora tocca anche all’Italia, chi sarà il prossimo a partire?».

Difficile spiegare come funziona una democrazia a chi mette in prigione gli oppositori politici e e giornalisti, modifica la Costituzione per poter governare all’infinito senza controcanto. Ma è doveroso provarci. Le crisi di governo non sono passaggi facili, a volte hanno costi elevati, specialmente durante una guerra, ma non è la fine del mondo, i principi dello Stato di diritto, del pluralismo e della rappresentanza popolare sopravvivono a ogni crisi da quasi 80 anni in tutte le nazioni democratiche.

Anche quando al potere ci sono andati gli amichetti dello “zar” non siamo mai stati in pericolo di smarrire quei principi fondamentali. L’idea è che chiunque governi lo farà dentro questa cornice di valori condivisi, che il lobbismo di Mosca e i fiumi di rubli versati per far inceppare la macchina non riusciranno mai a snaturare la nostra società. Che, con tutti i suoi limiti, è ancora capace di dare cittadinanza a opinioni diverse e contrarie a quelle dei governi e del mainstream mediatico, anche con una guerra in corso, persino di offrire visibilità a intellettuali contorti e strambi opinionisti che difendono “le ragioni della Russia”. Una fastidiosa rottura di scatole, è vero, ma se l’alternativa è il regime di Vladimir Putin, ci teniamo stretto anche il fastidio.