Normalmente, un testimone è “inattendibile” solo dopo essere stato sentito. Nel caso di Luca Palamara, potente ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, ora caduto in disgrazia, l'inattendibilità è invece preventiva. La quanto mai singolare valutazione è stata espressa questa settimana dalla Quinta commissione del Consiglio superiore della magistratura, competente per gli incarichi direttivi, durante la discussione per la procura di Reggio Calabria, calendarizzata a seguito dell’annullamento da parte del giudice amministrativo della nomina di Giovanni Bombardieri, attuale procuratore reggino. A fare ricorso era stato Roberto Seccia, sostituto procuratore generale in Cassazione. Il Csm, intenzionato comunque a rinominare Bombardieri entro il 4 maggio, termine fissato dal Consiglio di Stato nell'ottemperanza, ha deciso di procedere alla sua audizione per verificarne i cosiddetti “prerequisiti”, quindi l'indipendenza, l'imparzialità e l'equilibrio. L’audizione, come era prevedibile, è stata tutta incentrata sulle sue chat con Palamara e sulla verifica dell’esistenza di un eventuale “patto” tra i due per lasciar posto - previa revoca della domanda - a Giuseppe Cascini come procuratore aggiunto di Roma, in cambio però dell’attribuzione del futuro posto di procuratore di Reggio Calabria. Le chat risalgono all'inizio dell'estate del 2017 e la pubblicazione del posto di procuratore di Reggio Calabria avverrà a dicembre di quell’anno, dopo il trasferimento di Federico Cafiero de Raho alla Procura nazionale antimafia.

Il “patto” fra Bombardieri e Palamara, entrambi calabresi, il primo di Riace il secondo di Santa Caterina d’Aspromonte, e legati da amicizia e stima reciproca, sarebbe quindi consistito una sorta di prenotazione del posto reggino. Bombardieri, però, non si “fidava” del fatto che al Csm i colleghi di Area, il gruppo progressista, mantenessero poi i patti, come si legge testualmente. Sentito sul punto, il magistrato, con non poche incongruità, avrebbe negato l’esistenza di simile accordo, negando, altresì, di essere stato sollecitato alla revoca anche da Cascini. Le chat, tuttavia, dimostrerebbero che Bombardieri e Palamara ( Cascini non parla di ciò con Palamara ma lo inviterà al bar pochi minuti prima del voto in Commissione per la sua nomina ad aggiunto) concordarono la revoca romana in vista del posto reggino. Come sono andati i fatti è storia nota: relatore per la nomina di Bombardieri come procuratore di Reggio Calabria sarà lo stesso Palamara, all'epoca riveritissimo presidente della Commissione per gli incarichi direttivi. La proposta fu unanime e il Plenum la ratificò.

Per cercare di comprendere l’esatta dinamica degli eventi, il togato indipendente Andrea Mirenda aveva allora proposto alla Commissione che si procedesseall'audizione dell’altro protagonista, il Luca nazionale, di quelle chat, protrattesi sino alla nomina effettiva di Bombardieri, con i conseguenti ringraziamenti e rallegramenti tra i due. La proposta di Mirenda è stata però subito sonoramente stroncata dagli altri cinque componenti della Commissione. Il loro voto contrario sarebbe stato motivato dal fatto che Palamara, fresco di patteggiamento a Perugia per traffico d'influenze, avrebbe potuto sfruttare l’audizione per i propri scopi mediatici e perché, con chiara inversione logica del ragionamento, sarebbe comunque inattendibile, un aspetto quest’ultimo che «andrebbe valutato semmai dopo e non prima dell’audizione», come sottolinea Mirenda, ricordando che l’ex collega era stato ascoltato anche dalla Commissione parlamentare antimafia. La decisione della Commissione potrebbe a questo punto rivelarsi un boomerang per il Csm in quanto Seccia, in caso di una sua quanto mai probabile bocciatura, potrebbe far valere il vizio logico della motivazione nella parte in cui verrà scritto che le chat sono state ritenute insignificanti pur senza aver audito l'altro interlocutore. E sempre sul fronte dei contenziosi amministrativi, cresciuti in maniera esponenziale durante l'ultima consiliatura, si segnala ieri il rigetto del ricorso presentato dal procuratore di Bologna Gimmi Amato e dall'aggiunto di Milano Maurizio Romanelli contro il procuratore milanese Marcello Viola. Il tar del Lazio ha ritenuto prevalenti i titoli e le esperienze di quest'ultimo nei confronti di quelle dei suoi due colleghi, condannati anche al pagamento delle spese per 2.500 euro a testa.