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Fuga di notizie, il procuratore di Perugia accelera le indagini. L’ex pm: «Ho detto tutto ciò che so»
Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone vuole vederci chiaro. Ed è per questo motivo che giovedì ha sentito l’ex consigliere del Csm Luca Palamara per chiarire se effettivamente l’incontro tra uno dei suoi legali, Benedetto Buratti, e il dipendente amministrativo accusato di aver inviato atti segreti ai giornalisti, Raffaele Guadagno, si sia verificato. Un incontro finalizzato ad indagini difensive legate all’utilizzo del famigerato trojan che ha scoperchiato il mercato delle nomine di cui Palamara faceva parte e che, secondo quanto riportato ieri dal quotidiano La Verità, sarebbe avvenuto il 7 gennaio del 2022. Guadagno, in quell’occasione, avrebbe portato in dote tre informazioni importantissime: la richiesta di astensione avanzata dalla pm Gemma Miliani – che rappresenta l’accusa nel processo per corruzione a carico di Palamara – e respinta dall’allora procuratore Luigi De Ficchy, gli aggiornamenti a lui forniti sul caso dopo il suo pensionamento dall’altro pm, Mario Formisano, e, soprattutto, l’esistenza di una trascrizione della famosa cena tra Palamara e Giuseppe Pignatone, registrazione misteriosamente scomparsa e la cui sussistenza è stata sempre negata dagli inquirenti.
La vicenda Miliani - l’unica la cui veridicità risulta verificata - riguarda i rapporti tra la pm e Cosimo Ferri, all’epoca dei fatti deputato Pd ed ex numero uno di Magistratura Indipendente, nonché uno dei commensali della famigerata cena all’Hotel Champagne. E di questo rapporto, Palamara e Ferri parlarono a maggio 2019: all’epoca Palamara sapeva già di essere indagato perché informato da Giovanni Bianconi, giornalista del Corriere, il 21 maggio precedente. Durante l’incontro, Ferri chiese a Palamara se fosse possibile che uno dei due fosse intercettato tramite trojan.
Un’eventualità che all’ex consigliere del Csm era parsa improbabile: «Non è possibile - disse -, per infilare un trojan, come ben sai, bisogna essere accusati di aver commesso reati talmente gravi che né a me né a te può succedere». E fu a quel punto che Ferri disse di conoscere Miliani, testimone di nozze della moglie, «una tosta che non si ferma di fronte a niente», lo avvertì il deputato. Ferri, come noto, non fu mai iscritto sul registro degli indagati. Ciononostante, il suo nome viene citato centinaia di volte negli atti di indagine a carico di Palamara, addirittura più volte dello stesso ex presidente dell’Anm, tanto da fargli sorgere il dubbio che le intercettazioni fossero finalizzate a spiare proprio lui, nonostante l’obbligo di spegnere le spie alla presenza di un parlamentare.
Rimangono da chiarire gli altri punti: la registrazione della cena tra Palamara e Pignatone esiste? E se sì, perché il trojan risulta spento dalle quattro del pomeriggio? E come può Guadagno sostenere che ne esiste una trascrizione? Inoltre, perché Formisano avrebbe dovuto informare De Ficchy sulle indagini? «Ho sempre agito nella convinzione che le procure competenti faranno uscire il reale accadimento dei fatti ed il tentativo di screditamento della mia persona», ha sottolineato Palamara. Che ora può “contare” su uno dei suoi accusatori, ovvero Cantone: l’impressione è che non voglia limitarsi a seguire solo la pista di Guadagno, probabile capro espiatorio perfetto. E che, dunque, possa essere a caccia anche dei mandanti di tale fuga di notizie, inevitabilmente legata a quella del 29 maggio 2019, quando su Repubblica e Corriere - gli stessi giornali che nei giorni scorsi hanno pubblicato le notizie coperte da segreto uscirono stralci delle intercettazioni effettuate durante la cena all’Hotel Champagne, quando si discusse della nomina del nuovo procuratore di Roma. Fu quello l’inizio del terremoto che sconvolse la magistratura. Ma l’idea di Palamara è che il trojan - sulle cui anomalie indagano sia Napoli sia Firenze possa essere servito non solo per indagare sulla presunta corruzione per la quale si trova ora a processo a Perugia, ma anche per cambiare gli equilibri di forza nel mondo del correntismo e impedire la nomina di Marcello Viola alla procura di Roma. Su quella prima fuga di notizie l’allora procuratore di Perugia De Ficchy - che andò in pensione l’ 1 giugno 2019 non mosse un dito. E le indagini in corso a Firenze, procura alla quale Palamara si rivolse allora come oggi - non hanno prodotto ancora nessun atto concreto. Ora, però, le cose potrebbero cambiare, essendo l’ufficio giudiziario di Perugia «parte lesa», come dichiarato dallo stesso Cantone.