Il servizio sociale era sommerso di lavoro e sotto organico. Gli operatori facevano spesso gli straordinari e trattavano casi molto pesanti, finendo a volte per essere oggetto di intimidazioni. Ciononostante si trattava di un servizio strutturato, che lavorava tanto. A dirlo lunedì in aula nel corso del processo “Angeli e Demoni”, è stata Antonella Tesauri, assistente sociale ascoltata come teste sui presunti affidi illeciti in Val D’Enza. Tesauri, responsabile degli affidi, ha riferito, su domanda di Giuseppe Sambataro, difensore assieme a Nicola Canestrini dell’assistente sociale Francesco Monopoli, di non aver mai subito pressioni per falsificare relazioni o altri documenti. Ma non solo: la teste ha anche riferito che quando venne sentita dai Carabinieri a sommarie informazioni il maresciallo Giuseppe Milano le comunicò il contenuto di un’intercettazione agli atti.

Come fatto emergere dalle difese di Annalisa Scalabrini e Monopoli, di questa comunicazione non c’è però traccia nei verbali delle sommarie informazioni. Il fatto era emerso già nel corso dell’udienza del 16 ottobre, quando la pm Valentina Salvi chiese a Tesauri se ricordasse di aver commentato con Monopoli l’allontanamento di uno dei minori coinvolti nel processo.

Tesauri riferì allora di ricordarlo in quanto l’episodio fu citato da Milano. Nel corso dell’intercettazione Monopoli riferì alla collega che la madre aveva ritrattato tutto, affermazione alla quale Tesauri rispose precisando che la madre non aveva mai detto nulla, in quando i segnali arrivavano dal bambino e dai suoi disegni.

Il riferimento a questa intercettazione è però totalmente assente nei verbali, prassi più volte denunciata dagli avvocati in aula. Tesauri ha poi precisato che non si è mai parlato di una “setta” di pedofili, ma di una “rete”, così come dichiarato anche due settimane fa da un’altra assistente sociale, Ilaria Scotti, che ha parlato di una rete di persone pedofile presenti in Val d'Enza e che avevano adescato anche bambini seguiti dai servizi. La difesa di Federica Anghinolfi, rappresentata dagli avvocati Rossella Ognibene e Oliviero Mazza, ha depositato dei documenti relativi ad uno dei casi ricondotti dalla pm alla rete in questione ( ma non coinvolto nel processo sugli affidi), caso rispetto al quale, ha riferito Tesauri, vi era un sospetto di abusi extrafamiliari. Si tratta di un decreto provvisorio con il quale il Tribunale dei Minori sospendeva la potestà genitoriale e veniva evidenziato lo stato di «disagio psicologico» di uno dei figli, nonché «la mancanza di adeguata protezione da parte dei genitori verso i minori e il loro invischiamento nella situazione familiare in cui sono maturate le vicende pregiudizievoli per i minori». Ma non solo: tra i documenti depositati vi sono anche le chat tra Tesauri e Anghinolfi sul tema della rete dei pedofili, chat dalle quali emerge che era Tesauri a mandare foto alla collega su casolari abbandonati con scritte inquietanti e riferimenti a Satana, luoghi dove «vanno i ragazzini» e dei quali «la scuola sapeva». Inoltre, proprio sul caso in questione, era stata Tesauri a informare, a seguito di una visita ginecologica, che secondo i sanitari la bambina era stata «violentata più e più volte».

Insomma, il tema della presunta rete di pedofili sembrava interessare tutti gli operatori, che cercavano di capire se si trattasse di un allarme reale o meno, e tale dubbio non avrebbe portato ad alcuna pressione per falsificare le relazioni. «L’istruttoria - ha commentato Sambataro al Dubbio - sta restituendo la dovuta complessità ad una narrazione che per troppo tempo è stata a senso unico». In aula, lunedì, è stato ascoltato anche un pediatra dell’Ausl di Montecchio, Alessandro Ubaldi. Il medico seguì due minori allontanati dalle famiglie. Nel caso della piccola A., fu lui a disporre esami specifici per via dei disturbi urinari della bambina, esami che vennero effettuati a fine 2017. L’anno successivo «fu Scalabrini a segnalarmi il sospetto di abusi sessuali» che erano stati rivelati dalla bambina alla psicologa, e sospetti già segnalati sia alla procura ordinaria sia al Tribunale per i Minorenni.

«Non fu Scalabrini a impormi» la scelta di effettuare la visita ginecologica, ha chiarito in aula il pediatra, che prese la decisione dopo aver visitato la bambina. La visita ginecologica non era comunque finalizzata alla ricerca di tracce di abuso sessuale, ma solo alla verifica di cause di bruciori che la bambina riferiva anche in ambito scolastico. L’esame, eseguito il 6 aprile 2018, diede poi esito negativo circa le cause di tali fastidi. Fu la stessa bambina a raccontare alla psicologa, accusata di averla in qualche modo plagiata, dei presunti abusi subiti dal compagno della madre, confidati poi anche alla nonna e alla mamma. Abusi di cui, poi, parlò anche a scuola e con gli amici.

Dopo le rivelazioni alla psicologa, fu la madre a riferire il tutto al Tribunale dei Minorenni, presso cui la figlia era in carico fin dal 2012, quando era già stato previsto un allontanamento di madre e figlia dall'abitazione dei nonni. Il servizio sociale aveva tuttavia lavorato affinché la situazione si stabilizzasse ed entrambe potessero continuare a vivere con i nonni. Ubaldi visitò anche un altro minore, il 21 febbraio 2018: «Fu chiamato dai servizi sociali, la segnalazione era partita dalla scuola». Scuola che in una relazione firmata dalle maestre aveva segnalato il fatto che il bambino aveva trovato le mutandine sporche di un liquido che forse poteva essere sangue. La verifica disposta in via precauzionale diede esito negativo e tale esito negativo fu oggetto della relazione del servizio sociale. Il pediatra fu informato dell’allontanamento dal padre. «Rimasi sconvolto per averlo saputo dal genitore e non dai servizi», ha commentato.