La relazione tra Federica Anghinolfi e una delle madri affidatarie di Bibbiano? Non c’è mai stata, ma a dirlo ai carabinieri era stata una fonte confidenziale, le cui affermazioni non sono però mai state verificate. È quanto emerso ieri a Reggio Emilia nel processo Angeli& Demoni, dove a rispondere a vario titolo di aver messo in piedi un sistema di affidi illeciti sono 17 persone. Ad ammetterlo, in aula, il maresciallo dell’Arma Giuseppe Milano, superteste dell’accusa, che su sollecitazione dei legali della difesa di Fadia Bassmaij e Daniela Bedogni, le due madri affidatarie della giovane Martina (nome di fantasia), ha confermato che la relazione tra quest’ultima e Anghinolfi, principale imputata del processo e responsabile dei servizi sociali dell’Unione della Val d’Enza, in realtà non è mai esistita.

Ciononostante, su segnalazione di una fonte anonima, era questa l’informazione contenuta nell’informativa che ha dato il via alle indagini, consentendo le intercettazioni - le uniche relative alle famiglie affidatarie telefoniche e ambientali, tra le quali la famosa lite in auto con la ragazzina che ha indignato l’intero Paese. Ma le intercettazioni usate dall’accusa per testimoniare un rapporto poco empatico tra le due donne e la giovane sarebbero pochissime a fronte di quelle, come ammesso dallo stesso Milano, che testimoniano un rapporto tutt’altro che abusante.

La presunta relazione mai esistita sulla cui base sono state anche emesse le misure cautelari - si è trasformata, nel capo d’accusa, in una relazione amicale, nata, però, soltanto nel momento in cui avviene l’affido, ovvero nel 2016. «Dal controesame è emersa la buonafede delle affidatarie - ha spiegato Andrea Stefani, difensore, assieme a Valentina Oleari Cappuccio, di Bassmaji e Bedogni -. Milano ha confermato che non solo non è stata accertata la falsità di nessuna delle relazioni e dei contenuti trasmessi ai servizi, ma che è stata anzi accertata la corrispondenza al vero di molti di quei contenuti che poi, secondo Milano, venivano in parte travisati nelle relazioni». Altro dato rilevante è la contestazione di maltrattamenti, che si basa anche su alcune intercettazioni in cui vengono registrati alcuni accessi d’ira da parte delle due donne, che cercavano di spingere la ragazzina ad aprirsi con la psicologa per spiegare cosa le fosse accaduto. La difesa ha chiesto, a fronte delle dieci intercettazioni citate da Milano, quante altre conversazioni dimostrassero un atteggiamento di amore nei confronti di Martina. «Milano ha ammesso che erano molte di più e che la relazione di cura e affetto nei confronti della minore è dimostrata da documenti e intercettazioni - spiega ancora Stefani -. In un’accusa di maltrattamenti, la più strana vista in vita mia, direi che è un dato rilevante. Alzare la voce solo dieci volte con una ragazza pre-adolescente credo possa capitare a qualsiasi genitore, affidatario o no. Costruire su questo un’accusa di maltrattamenti mi sembra l’effetto di una pesca a strascico fatta, come tante volte accade, con intercettazioni disposte senza particolare ragione».

Altra accusa è il concorso dell’estraneo nell’abuso d’ufficio che sarebbe stato commesso da Anghinolfi nell’attribuzione di una quota doppia per l’affido della ragazza, in merito al quale Milano ha confermato che non risulta alcuna consapevolezza, da parte di Bassmaji e Bedogni né della presunta contrarietà alle linee guida né di un accordo collusivo con la dirigente dei servizi né di pressioni da parte delle affidatarie, che si limitavano a presentare una richiesta di fronte alle difficoltà nella gestione della ragazza, che necessitava anche di una baby sitter per fare i compiti. Da qui la quota doppia che coprisse anche questa spesa. Ma non solo: l’unica circostanza di fatto tra quelle riferite ai servizi e agli psicologi dalle affidatarie considerata falsa, perché smentita da Martina davanti alla psicologa - ovvero quella di sevizie e comportamenti sessualizzati, da parte della ragazzina, nei confronti degli animali domestici -, sarebbe in realtà dimostrata dai diari della stessa. Pagine in cui, ben due anni prima della terapia, Martina spiega dettagliatamente almeno quattro episodi nei confronti del gatto e del cane domestici. Tutte prove trascurate nel corso delle indagini e che hanno portato ad accusare le due donne di aver inventato tali circostanze. «Costruire su questo un’accusa di falsità nella relazione e di aver instillato falsi ricordi nella bambina mi sembra assurdo», aggiunge Stefani.

Martina è anche la ragazzina che aveva personalmente contattato i carabinieri affermando di essere stata lasciata sola in casa, circostanza confermata da Milano e già documentata dal Dubbio sulla base delle relazioni dei militari intervenuti. Non si trattava della prima volta di Martina con i servizi sociali: era stata la stessa madre, pochi mesi dopo la nascita della bambina, a chiedere di essere aiutata a trovare un nuovo alloggio, dicendosi «spaventata» e dichiarando di non voler tornare a casa del marito.

Una situazione determinata dal rapporto conflittuale tra madre e padre con tanto di denunce per lesioni dolose in famiglia - e un percorso di convivenza molto difficile, al punto che più volte i carabinieri di Bibbiano sono stati chiamati ad intervenire per sedare le liti tra i due. Nella relazione di quel giorno di giugno 2016, i servizi sociali raccontarono di una casa «trascurata», con «cibo avariato lasciato sui mobili da diversi giorni e disordine generale».

Un falso, secondo l’informativa consegnata al pm dagli investigatori, ma la circostanza era confermata dai due carabinieri intervenuti, che sentiti a sommarie informazioni avevano parlato di «un disordine diffuso composto da stoviglie non lavate e non riordinate e residui di cibo su alcuni piatti lasciati all’interno del lavandino e sul piano di lavorazione della cucina». Insomma, proprio quanto riportato dalla relazione a firma dell’assistente sociale Francesco Monopoli, contestata come falsa.

A intervenire ieri in aula anche il legale di Monopoli, Nicola Canestrini, che ha chiesto conto a Milano dell’intercettazione tra lui e il suo assistito nel corso delle indagini. Una conversazione di 8 minuti e 52 secondi perfino trascritta, nonostante sia vietato dalla legge, in virtù della quale Canestrini ha presentato un esposto disciplinare nei confronti di Milano, poi archiviato. «Non mi stupisce che sia stato archiviato - spiega Canestrini -, perché in Italia c’è un atteggiamento poco rispettoso nei confronti del diritto alla difesa.

Ciò è solo la dimostrazione che i rimedi interni non servono a niente, non spaventano nessuno, perché vengono tutti archiviati». Il legale ha anche contestato che le sit stilate da Milano riportano solo le risposte e mai le domande, impedendo di verificare se le stesse siano state suggestive. Una “leggerezza” che lo stesso maresciallo è stato costretto ad ammettere.