«È la fine di un incubo». Dopo 10mila giorni di carcere, la Corte d’Appello di Roma ha riconosciuto uno dei più clamorosi errori giudiziari di questo Paese. Beniamino Zuncheddu è innocente. Ma prima che un giudice affermasse la verità che lui ha sempre urlato, sono dovuti passati 33 anni. La conferma è arrivata questa sera, quando i giudici hanno chiuso il processo di revisione con l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Zuncheddu era accusato di strage per la morte di tre pastori tra le montagne del Sinnai, l'8 gennaio del 1991. Per quel delitto era stato condannato all’ergastolo e scarcerato a fine 2023 dai giudici della Capitale, che hanno accolto la richiesta di sospensione della pena avanzata dal suo avvocato Mauro Trogu. Tutto ruota attorno al super teste Luigi Pinna, che quel giorno sopravvisse all’agguato. La sua versione, però, non ha retto alla prova del tempo. Nel corso della requisitoria il sostituto procuratore generale, che ne ha chiesto l’assoluzione, ha infatti ricordato che si è andati avanti per «30 anni con le menzogne». Il 12 dicembre scorso l’atto decisivo del procedimento: il confronto, in aula, tra Pinna, e il poliziotto Mario Uda. Pinna, inizialmente interrogato, aveva sostenuto di non aver riconosciuto l’aggressore, ma, qualche settimana dopo, ha cambiato versione e ha accusato Zuncheddu che è stato prima arrestato e poi condannato. Quella testimonianza, determinante per la condanna del pastore sardo, sarebbe stata frutto delle pressioni di Uda.

«È lui che mi ha mostrato la foto di Zuncheddu», ha detto in aula l’uomo. «L’agente di polizia che conduceva le indagini, prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati - aveva ricostruito -, mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui». Dura era stata la replica di Uda che ha negato. «Non ho fatto vedere nessuna foto», aveva affermato l’agente di polizia. «Sono veramente arrabbiato per tutto quello che mi sta piovendo addosso», aveva concluso. «Mia sorella Maria recentemente aveva iniziato a dire “poveretto, pensa se è innocente e si è fatto tutti questi anni di carcere. I nostri dubbi sono cresciuti quando c'è stata la revisione del processo, allora abbiamo iniziato a chiederci “e se fosse innocente”?», aveva detto Maria Caterina Fadda, figlia e sorella di due delle vittime e cognata del superstite della strage. «Dubbi che sono aumentati - aveva aggiunto la donna - quando sono emerse le intercettazioni fra Pinna e la moglie. Allora abbiamo iniziato a chiederci se Pinna avesse davvero riconosciuto Zuncheddu, anche perché sapevamo che chi sparò quel giorno aveva una calza sul viso. Sin dall'inizio, parlando con i nostri familiari e per come sono andate le indagini, ci avevano sempre fatto capire che era lui il colpevole. Io ho seguito tutte le udienze del processo - ha concluso Fadda - e ricordo Zuncheddu sempre seduto fra gli avvocati, e mi chiedevo, ma se è innocente perché non parla mai?».

I giudici della Corte di Appello di Roma hanno anche disposto la trasmissione degli atti alla procura capitolina in relazione a tre testimonianze rese in aula, tra cui quella dell’ex poliziotto che si occupò delle indagini all'epoca. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. '«Beniamino è una persona incredibile che non meritava quello che ha subìto – ha commentato all’AdnKronos l’avvocato Mauro Trogu -. Abbiamo studiato tanto con i consulenti che mi hanno supportato, ci siamo convinti nell’intimo dell’innocenza di Beniamino: le carte parlavano di prove a carico assolutamente contraddittorie - ha spiegato il penalista - le indagini difensive hanno dimostrato la falsità di quelle prove a carico e rimanevano solo quelle a discarico. E poi perché abbiamo conosciuto Beniamino. Io auguro a chi abbia anche solo un minimo dubbio di berci un caffè insieme e questo dubbio verrà cancellato».