Il dibattito aperto sull’applicazione dell'intelligenza artificiale e degli algoritmi nella giustizia fa pensare, spesso, all'intervento di un robot che si sostituisce agli avvocati e ai giudici per studiare i casi giudiziari e scrivere le sentenze. Non è così. Così come non è vicino - forse non si avvicinerà mai - il momento del pubblico ministero robot, come hanno fatto paventare nei mesi scorsi alcune notizie provenienti dalla Cina. Il sempre maggiore utilizzo delle nuove tecnologie potrebbe però supportare i magistrati, i funzionari addetti agli uffici per il processo e i presidenti di sezione in una serie di attività. Va in questa direzione il progetto Isa, un “ambiente di intelligenza artificiale” che dispone di un assistente personalizzato. Siamo ancora alle fasi iniziali del lancio del prototipo. Ma i primi passi per la sperimentazione sono stati mossi proprio in questi giorni. Isa è finanziato dal ministero della Giustizia, “Start-Upp - Modelli, Sistemi e Competenze per l'implementazione dell'ufficio per il processo”, con la collaborazione dell'Università di Salerno, degli uffici giudiziari e degli Ordini forensi del distretto di Corte d'appello di Salerno. A questa rete si aggiungono le Università della Puglia e della Calabria con i rispettivi distretti giudiziari e gli Ordini degli avvocati. L’obiettivo è duplice: implementare i modelli operativi innovativi negli uffici giudiziari e smaltire l'arretrato nei Tribunali. La figura dell’operatore del diritto, in questo caso il giudice, continuerà a conservare la propria centralità ed importanza. L'assistente virtuale, impostato secondo i modelli dell’intelligenza artificiale, sarà coerente con la normativa europea e nell’auspicio dei suoi progettisti farà fronte alle criticità di scopertura e sottodimensionamento degli organici del settore giudiziario.

Salvatore Sica, avvocato e ordinario di Diritto privato nell’Università degli Studi di Salerno, è sicuro di una cosa: l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire gli esseri umani e, se applicata alla giustizia, gli operatori del diritto. «Questo - dice al Dubbio - è un punto fermo ed imprescindibile. Nel progetto Isa l’intento è quello di continuare a dare centralità alle persone. L’IA deve essere considerata esclusivamente come strumento di razionalizzazione organizzativa. Per esempio, finalizzata all’accorpamento di cause che hanno per oggetto la stessa materia, alla verifica dell’andamento cronologico delle cause, alla misurazione dello smaltimento dell’arretrato. In tema di strumenti di intelligenza artificiale devono restare responsabili i soggetti umani, che hanno costruito gli stessi strumenti, li hanno introdotti e li implementano nel corso delle attività. Badiamo bene anche ad un altro aspetto: digitalizzazione può significare tutto e nulla. Se la digitalizzazione serve finalmente ad una tracciatura dell’andamento dei processi, se serve a garantire agli avvocati un sistema di alert rispetto agli adempimenti, se serve a rammentare i termini, anche ordinatori, di deposito dei provvedimenti, svolgerà una funzione straordinaria».

Immaginare scenari in cui avvocati, magistrati e personale degli uffici giudiziari andranno in pensione perché sostituiti da nuovi strumenti tecnologici è fuorviante. «Nemmeno per un istante – commenta il professor Sica – potrei pensare che l’intelligenza artificiale, con il cosiddetto “cancelliere robot”, avrà una funzione di valutazione di merito delle controversie. In riferimento al progetto Isa penso tutto il bene possibile a condizione che alcuni paletti siano tenuti fermi e tra questi vi è la possibilità di valutare di cause. Ho dei forti dubbi se il robot avrà la possibilità di creare delle priorità, che, invece, spettano assolutamente al giudice, al presidente di sezione in ordine anche alla assegnazione delle cause e alla verifica di urgenza. Se, comunque, questo robot servirà a rendere più agile il procedimento e a consentire una misurazione dei tempi e dei risultati degli uffici, non c’è dubbio che il suo apporto è da considerarsi utile».

Gli investimenti da parte del ministero della Giustizia in collaborazione con le Università, hanno creato per quanto concerne lo sviluppo di nuove tecnologie una interessante sinergia. «Da sempre - aggiunge Sica - sostengo che si debba prendere atto che la giustizia ha come protagonisti, seppur in posizioni differenti, ma paritarie sul piano sostanziale, i magistrati e gli avvocati. Senza tralasciare il personale amministrativo, snodo irrinunciabile per il funzionamento della giustizia. Pensare a delle riforme che mettano su un secondo piano uno dei soggetti richiamati sarebbe fallimentare».

Secondo Salvatore Sica, i protagonisti della giurisdizione non possono non guardare con sempre maggiore curiosità a quanto sta accadendo intorno a loro. «La digitalizzazione – conclude - impone un ripensamento delle funzioni di noi avvocati e dei magistrati. L’avvocatura è chiamata ad una maggiore preparazione che non è solo tecnologica, ma è altresì culturale rispetto ad una stagione diversa della giustizia che tutti noi stiamo vivendo. Il momento attuale impone un’avvocatura più consapevole del proprio ruolo, più disponibile alla novità, che non è solo quella del processo telematico, ma è anche quella di una difesa che si esercita con puntualità di argomenti. Io credo che l’avvocato tecnologico non debba essere soltanto un esperto di sistemi. È un professionista capace di comprendere che, attraverso i sistemi, i diritti della difesa vanno assicurati e mantenuti secondo tradizione».