«Questa condanna è simbolica ma è l’inizio di altro». Roberto Saviano commenta così, a caldo, la sentenza del Tribunale di Roma che lo condanna a pagare mille euro di multa (l’accusa ne chiedeva 10 mila) per diffamazione nei confronti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Questa “banda”», dice lo scrittore, «utilizza lo strumento dei processi per combattere chi li critica», aggiunge, senza recedere di un passo dalla rivendicazione delle ragioni che lo hanno spinto nel 2020 a definire «bastardi» Meloni e Matteo Salvini, nel corso della trasmissione televisiva Piazzapulita.

Quell’aggettivo, rigidamente al plurale, secondo Saviano e secondo il suo difensore Antonio Nobile, rientrava perfettamente nel diritto di critica e non era riferito a un individuo in particolare ma a un’idea dell’immigrazione che stigmatizza persino chi salva vite in mare. «Per quanto mi riguarda disprezzo questo governo, sin da quando gli esponenti attuali erano all’opposizione, per quanto riguarda le loro posizioni, su donne e migranti», dice ancora lo scrittore.

In aula, a portare solidarietà a Saviano, c’è anche Erri De Luca, che ascolta con attenzione le dichiarazioni spontanee dello scrittore e la puntuale arringa del suo avvocato. «La Cassazione dice che la lesione» dell’onorabilità «va valutata in concreto e non in astratto, per non cadere nella teoria della percezione personale», spiega l’avvocato Nobile. E quali sarebbero questi «dati oggettivi», visto che Matteo Salvini, «parimenti destinatario di questa critica» ha scelto di non «querelare Roberto Saviano?».

Per la difesa, bisogna quantificare il danno per poterlo valutare. «E noi abbiamo prodotto il allegato sondaggi che coprono un arco temporale semestrale: dal dicembre 2020 (mese della messa in onda della trasmissione, ndr) al giugno 2021», argomenta ancora il legale. «È la Cassazione a dirci che dobbiamo avere a che fare con la realtà empirica e non con le percezioni. E la realtà empirica ci dice che Fratelli d’Italia, dal dicembre 2020 al giugno 2021, è passata dal 16 al 20 per cento. Di cosa dobbiamo parlare dunque? Del danno o dell’apoteosi?». E quando sei un personaggio pubblico, la «soglia di tolleranza» dovrebbe essere decisamente più alta a quella di un comune cittadino. Soprattutto se sei il presidente del Consiglio e godi di un «potere» non paragonabile a quello di un «giornalista». Perché questo non è un processo mediatico per le parti coinvolte, è un processo mediatico per il tema sotto esame: «L’immigrazione», dice ancora il legale.

Ma per Luca Libra, legale di parte civile per conto di Giorgia al processo, «bastardo» - che nella sua arringa si trasforma in aggettivo singolare - «non è una critica ma sempre un insulto, anche per il dizionario è sempre un termine dispregiativo. Il diritto di critica, anche per la Cassazione, non può travalicare nell'uso dei termini il rispetto delle persone». Per Libra, che chiede un risarcimento di 75mila euro, l’imputato Roberto Saviano «ha usato un linguaggio eccessivo, volgare e aggressivo. È possibile fare critica, ma nessuno è al di sopra del codice penale».

Lo scrittore, dal canto suo, non ha dubbi e lo esplicita in aula: «Ritengo il comportamento della premier Giorgia Meloni una intimidazione, ma nella mia vita sono abituato a queste pressioni». Non solo: «Negli anni mi sono trovato spesso a subire le conseguenze delle parole che ho pronunciato, anche quando ho stigmatizzato il ministro Minniti, seduto al tavolo per negoziare, con i trafficanti libici, la gestione delle frontiere del Mediterraneo», dice Saviano nel corso delle dichiarazioni spontanee. «È importante che questo Tribunale sappia che la mia scelta di critica radicale è stata fatta in piena consapevolezza, dinanzi all’orrore quotidiano delle bugie sistematicamente ripetute su persone innocenti». Una scelta che per ora costa mille euro allo scrittore. Una sentenza di primo grado contro la quale l’avvocato Nobile ha già annunciato ricorso.