Riforma costituzionale della separazione delle carriere, del Csm e dell’Alta Corte: ne parliamo con il professor Bartolomeo Romano, consigliere giuridico del ministro della Giustizia Nordio.

Si tratta di una riforma contro la magistratura?

Assolutamente no. È una riforma a favore di tutti i cittadini e in senso più largo di tutti coloro i quali sono coinvolti in qualsiasi posizione in una vicenda giudiziaria: siano essi italiani, comunitari, extracomunitari. È una riforma di civiltà che non è contro nessuno, ma è a favore di tutti.

Il suo riferimento agli “stranieri” fa venire in mente il fatto che il Governo invocò la separazione quando la giudice Apostolico disapplicò il decreto Cutro. Ma lì stavamo parlando di una sezione civile. Non fa male alla riforma essere strumentalizzata in maniera sbagliata?

Sono abituato a parlare del merito delle riforme, non di argomentazioni che possano eventualmente distrarre dal cuore del dibattito giuridico.

Se è vero che questa è una riforma molto attesa dall’avvocatura, c’è però il risvolto della medaglia da taluno indicato: ossia un pm trasformato in un prosecutor statunitense.

Non vedo nessun pericolo in tal senso: si tratta, semplicemente, di rendere più stabile, più professionale, una funzione che già viene svolta dai pm italiani. Con la riforma si mette in chiaro quello che già è delineato dall’articolo 111 della Costituzione e dal processo accusatorio del 1989.

Ma sono gli stessi pm ad ammettere: va bene, fateci un Csm tutto per noi, separateci dai giudici e vedrete quanto potenti possiamo diventare.

Se alcuni pubblici ministeri dicessero una cosa del genere sarebbe veramente paradossale, perché riconoscerebbero - loro stessi - di non sapersi autodeterminare e di superare i limiti della prudenza. Penso proprio che sia una posizione dialettica a cui non credono neanche loro.

Una posizione rafforzata del pm non potrebbe essere controbilanciata dall’inserimento dell’avvocato in Costituzione?

Questa era una ipotesi che lo stesso ministro Nordio aveva pubblicamente annunciato più volte. Il punto è verificare se potrà, durante i lavori parlamentari, essere inserita in questo ddl o se farà un percorso autonomo e parallelo. Certo è che il riconoscimento dell’avvocato in Costituzione è una misura assolutamente ragionevole e concretamente possibile.

Molti magistrati dicono: in primo grado si hanno il 50% delle assoluzioni, quindi non c’è alcun appiattimento del giudice sul pm.

Penso che ci siano troppe azioni penali non sorrette da indagini approfondite e serie e che questo sia frutto dell’idea che nessuno ne risponde poi successivamente. Il fatto che ci siano un pm specializzato e un giudice autonomo, terzo e imparziale, probabilmente indurrà ad una maggiore prudenza nella valutazione che i pm oggi fanno della possibilità di sostenere l’accusa in giudizio. Così probabilmente diminuirà il numero di procedimenti coltivati senza un adeguato approfondimento.

Perché non è stato toccato il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, considerato che spesso Nordio ha detto che si è trasformata in arbitrio?

Evidentemente non c’è stata una convergenza da parte di tutte le forze politiche. Si tratta, però, probabilmente di un aspetto diverso da quello che oggi viene toccato nel disegno di legge costituzionale.

A proposito di iter della riforma. Se viene abbinata in Commissione Affari Costituzionali della Camera insieme al premierato non rischia l’affossamento?

Sono due riforme molto diverse che è giusto camminino su binari paralleli. Bisogna scongiurare il rischio che si sottoponga ai cittadini, se ci dovesse essere il referendum, un unico quadro complesso. Quindi confido che entrambe le riforme proseguano su due strade parallele.

Un altro pilastro della riforma è il sorteggio puro per i togati. Se in fase di discussione parlamentare si dovesse andare verso quello temperato, il risultato di depotenziare il potere deviato delle correnti sarebbe comunque raggiunto?

Entrambi i tipi di sorteggio sarebbero soluzioni che superano l’attuale situazione. Io sono stato quattro anni e mezzo al Csm e ho potuto avvertire che, al di là del valore delle singole persone, l’organo era assolutamente governato dalle correnti. Quindi cercare di recidere nel Csm ( organo di rilievo costituzionale) questo legame, che pur sopravviverà ovviamente all’interno dell’Anm, mi sembra assolutamente opportuno.

I favorevoli alla separazione da un lato dicono altresì che occorrono valutazioni di professionalità più stringenti perché non tutti i magistrati sono all’altezza, dall’altro lato però appoggiano il sorteggio per il Csm, dove potrebbe quindi andare una toga “scarsa”. Non le pare contraddittorio?

Innanzitutto, sotto il primo versante della domanda, sono convintissimo che la separazione delle carriere comporterà una valutazione di professionalità più rigorosa e seria di quanto non avvenga attualmente, perché ci saranno due percorsi paralleli, uno per i pm e uno per i giudici. Sotto il secondo profilo, penso che qualora per il Csm fosse sorteggiato un magistrato non particolarmente bravo è chiaro che in un organo collegiale questo rileverebbe assai poco. Se tra decine di magistrati, di avvocati e professori ci fossero due o tre componenti non all’altezza non sarebbero in grado di fare gran danno. Ricordo che non c’è nessuna decisione al Csm che venga presa in modo monocratico.

Un’altra obiezione che fanno è: tutti gli organi costituzionali vengono eletti - il Parlamento, la Corte costituzionale, ad esempio – e solo il Csm, che è anch’esso un organo di rilevanza costituzionale, deve essere sorteggiato.

Come è noto la Corte costituzionale ha una composizione mista: un terzo è nominato, su scelta assolutamente discrezionale, dal Presidente della Repubblica e quindi non interviene un’elezione dell’organo nella sua interezza. Sotto il secondo profilo il sorteggio è una soluzione possibile, tanto più se fissato in Costituzione.

Ci saranno due concorsi separati?

La riforma lascia aperto questo punto, vedremo nel dibattito parlamentare; ma non mi sembra una questione decisiva.

Alta Corte disciplinare: perché è stata prevista solo per la magistratura ordinaria?

Perché la riforma riguarda la magistratura ordinaria. E nel Csm attualmente c’è una sezione disciplinare composta da membri che allo stesso tempo sono anche componenti delle commissioni e del plenum e decidono della carriera ordinaria del magistrato. Ciò non va bene. Del resto, per quanto riguarda gli avvocati da anni si è fatta una riforma che prevede una separazione fra il Consiglio dell’ordine degli avvocati e chi si occupa invece del profilo disciplinare.

Sarà possibile costruire un dialogo costruttivo con l’Anm?

Solo evitando di fare confusione, come talvolta accade. Innanzitutto la riforma non tocca in alcun modo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, né di quella giudicante né di quella requirente. In secondo luogo, il pm non è né sarà in alcun modo sottoposto a un controllo dell’esecutivo, come è giusto che sia già dal punto di vista culturale. Ma anche per una ragione pratica.

Quale?

Ogni governo non è, per fortuna, eterno e quindi si rischierebbe di mettere il pm sotto il controllo del governo che verrà, magari di diversa coloritura politica: non converrebbe a nessuno. Quindi, se sgombriamo il campo da paure che non sono in alcun modo legate alla riforma e parliamo dei contenuti concreti, credo che lì un possibile confronto tecnico ci possa essere. Naturalmente con la consapevolezza che è il Parlamento che fa leggi.