Non c’era alcun motivo per contestare un illecito disciplinare a Donatella Banci Buonamici, ex presidente dell’Ufficio gip del Tribunale di Verbania all'epoca della tragedia della funivia del Mottarone. Eppure ci ha rimesso la carriera, dopo tre pareri negativi che l’hanno, di fatto, costretta a rinunciare alla propria candidatura come presidente di Sezione al Tribunale di Milano, con la vittoria praticamente in tasca data la schiacciante superiorità dei titoli rispetto ai contendenti.

La vicenda riguarda il caos che ha seguito la sua scelta di non convalidare il carcere per gli indagati della tragedia della funivia, scelta che ha scatenato la solita ondata di polemiche populiste. Che non l’hanno scalfita, provocando, però una reazione a catena, giustificata dalla sua scelta di autoassegnarsi il fascicolo sulla tragedia, che poi le venne sottratto indebitamente. Non agì per protagonismo, ma per un’esigenza concreta, come testimoniato dagli accordi presi con l’allora presidente del Tribunale Luigi Maria Montefusco, data la situazione difficile vissuta dall’ufficio. Secondo il Csm, che giovedì ha depositato le motivazioni della sua assoluzione in sede disciplinare, Banci Buonamici non fece nulla di male, dal momento che «il suo interesse era unicamente quello di assicurare la gestione adeguata del procedimento da parte dell'Ufficio gip».

Un ufficio in sofferenza, date le poche risorse in termini di personale, situazione che aveva portato ad una serie di modifiche tabellari - non comunicate dal presidente del Tribunale al Consiglio giudiziario e pertanto considerate illegittime - finalizzate a gestire i fascicoli evitando situazioni di incompatibilità. Una sfida difficilissima, che Banci assunse su di sé, trovandosi, nel giorno in cui non convalidò il fermo, non solo a gestire l’ufficio gip, ma l’intero tribunale, in sostituzione di Montefusco. Ciononostante l’autoassegnazione fu considerata un abuso, tanto da farla finire davanti alla sezione disciplinare.

Che non avesse colpe è risultato subito chiaro anche alla procura generale, che ne ha chiesto l’assoluzione, dal momento che secondo la sostituta pg della Suprema Corte, Luisa De Renzis, «il provvedimento di auto- assegnazione aveva l'unico fine di garantire la funzionalità dell'ufficio». Ragionamento condiviso dalla difesa della magistrata - rappresentata dall’avvocato Davide Steccanella -, nonché dal Csm, che ha evidenziato come «la soluzione organizzativa dell'autoassegnazione del procedimento, in un'ottica di ragionevole programmazione, era stata concordata il giorno precedente, quando non si sapeva a quale ora sarebbe stata depositata la richiesta di convalida, che il 27 maggio - giorno dell’udienza di convalida, ndr - tardo pomeriggio, la dottoressa Banci era l'unico magistrato presente in ufficio per cui l'assegnazione alla dottoressa Palomba (Annalisa, giudice naturale di quel procedimento, ndr) avrebbe tardato la fissazione dell'udienza e la comunicazione dell'udienza di convalida» e con ogni probabilità «creato ulteriori gravi difficoltà» ad un ufficio il cui funzionamento risultava «estremamente problematico».

Il Csm ha escluso «in radice» la configurabilità della «gravità del comportamento scorretto» nei confronti di Palomba, inoltre, dal momento che l’autoassegnazione era stata concordata con la stessa, «oltre che con il presidente del Tribunale» e nascendo anzi «quasi certamente da una sua sollecitazione in relazione al fatto che aveva già richiesto le ferie per i giorni immediatamente successivi ed anche alla sua situazione di difficoltà momentanea nello svolgimento dell'attività di cui pure vi è traccia negli atti».

Insomma, nel caso Banci - che tanto clamore ha destato sui giornali, tanto da far ricevere minacce e attacchi alla gip ritenuta troppo “garantista”, in un consueto abuso della terminologia che identifica come un peccato rispettare i dettami della Costituzione - «l'autoassegnazione del procedimento, rispondendo chiaramente ad esigenze di buon funzionamento dell'ufficio giudiziario, non poteva certamente, benché non regolare, essere percepita come condotta pregiudizievole dell'immagine del magistrato né nel rapporto interno tra i magistrati dell'ufficio, risultando certamente, in questa specifica prospettiva, a fronte delle difficoltà complessive dell'ufficio e a quelle soggettive dei colleghi interessati, un atto di generosa disponibilità a farsi carico di un procedimento particolarmente complesso e delicato, né nel rapporto con le parti e più in generale con il foro, posto che nessun rilievo critico è stato formulato in ordine al provvedimento originario di assegnazione, mentre è diventato un caso nazionale con grande risalto anche massmediatico la successiva sostituzione della dottoressa Banci».

E per quanto riguarda il provvedimento con il quale erano state stabilite le variazioni tabellari il primo febbraio 2021, di competenza del presidente del Tribunale, «tutti i profili di responsabilità disciplinare, con riferimento sia al mancato rispetto delle regole procedimentali» sono riferibili «esclusivamente al dirigente dell'ufficio», nel frattempo andato in pensione. Insomma, nulla di grave e, soprattutto, nulla di addebitabile a Banci Buonamici, che però ci ha rimesso la presidenza del Tribunale di Verbania e quella di Sezione a Milano, dati i tre pareri negativi arrivato da Torino a causa della pendenza disciplinare. Da qui la revoca di ogni domanda per la progressione della carriera, di fatto stoppata senza motivo. O forse per troppa indipendenza.