«Abbiamo presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio per capire se ci siano state delle violazioni al diritto, costituzionalmente garantito, di difesa», afferma il senatore di Fratelli d’Italia Sandro Sisler che, con il collega Gianni Berrino, rispettivamente vicepresidente e capogruppo della commissione Giustizia di Palazzo Madama, nei giorni scorsi aveva preso posizione sulla richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive nei confronti di due avvocati per il reato di ricettazione.

La richiesta era stata formulata dalla procura di Milano nell’ambito di un’inchiesta che aveva poi portato all’arresto per banda armata di un boss della mafia turca. «È preoccupante che il legittimo profitto che un avvocato può ricavare dall’esercizio della sua professione, venga inquadrato come ricettazione da parte di una procura perché il denaro potrebbe essere frutto di un illecito», sottolinea Sisler.

La procura di Milano, come si ricorderà, aveva chiesto nei confronti dei due avvocati la misura interdittiva della sospensione dall’attività professionale in quanto erano stati pagati dal loro assistito con denaro contante. Il gip di Milano aveva però ritenuto di rifiutare la richiesta del pm sottolineato sul punto che «maggiore cautela deve essere serbata con riguardo alla peculiare posizione dell’avvocato penalista». In primo luogo, aveva scritto il gip, «egli ha fisiologicamente rapporti economici con soggetti quantomeno sospettati di aver commesso un delitto, cosicché l’eventuale consapevolezza della qualità criminale del proprio debitore – già insufficiente secondo l’opinione della Suprema Corte in relazione ad un normale rapporto obbligatorio – deve essere considerata irrilevante. Se così non fosse - aveva aggiunto - il difensore non potrebbe mai esigere il pagamento degli onorari dal proprio assistito quando egli gli abbia confessato, in seno al rapporto fiduciario, di essere dedito al crimine, ovvero dopo la condanna definitiva del cliente privo di lecite fonti di reddito».

Di conseguenza, un avvocato penalista «potrà essere punibile solo se ha acquisito, al momento dell’accettazione, la certezza che il denaro proviene da reato, senza che si possano imporre a questi obblighi di indagine sulle fonti di reddito (legali o illegali) del cliente». Ciò premesso, il Tribunale aveva ritenuto che nel caso in questione non vi fossero i presupposti per ritenere integrato il delitto di ricettazione posto che, al di là di generiche affermazioni circa il legame di amicizia che era emerso dalle intercettazioni telefoniche e che si sarebbe venuto a creare tra i tre, «non è stato evidenziato alcun rapporto anomalo tra i due difensori e l’indagato, né sono emerse condotte di favoreggiamento dei difensori o altro che, sotto il profilo penale o anche solo deontologico, suggerisca una cointeressenza patologica». In conclusione, l’unico fattore di sospetto restava il mezzo del pagamento (il denaro contante), «certamente anomalo in quanto superiore ai limiti di legge e in sé suggestivo di una scarsa trasparenza dell’origine».

«Ci conforta - sottolinea Sisler - che il giudice per le indagini preliminari abbia rigettato la richiesta di applicazione di misure interdittive sollevando i nostri stessi dubbi. Speriamo - ha poi aggiunto il senatore di Fd’I - che questo caso possa essere esaminato e, soprattutto, che in futuro il diritto costituzionale alla difesa e le garanzie di libertà del difensore non siano mai più lese».