«Proposte mosse da furore ideologico». Non ha molti dubbi Riccardo Magi, deputato e presidente di + Europa, che classifica nella categoria “propaganda” i ddl presentati da Giorgia Meloni e Mara Carfagna sulla gestazione per altri. Proposte che si identificano a partire dalla scelta dei termini da utilizzare, che appongono etichette sul corpo delle donne, col solo scopo di arrivare all’appuntamento elettorale del 2023 con un’agenda in grado di fare colpo sull’elettorato, secondo il parlamentare, firmatario di una proposta che mira a legalizzare la gestazioni per altri nella versione solidale. «C’è l’intento di sferrare un attacco sui temi definiti “etici”. Ma la società italiana è molto più avanti di come si pensi», dice al Dubbio.

Onorevole, la terminologia “utero in affitto” colpisce molto l’opinione pubblica: rappresenta un’etichetta sulle donne che inevitabilmente condiziona il dibattito.

Questo dimostra l’intento della proposta, che è del tutto propagandistico ed elettoralistico. Non a caso la richiesta del centrodestra, in particolare di Fratelli d’Italia, arriva in questo momento. Mi pare che ci sia, in questa fase della legislatura, l’intento di sferrare un attacco sui temi che vengono definiti “etici”, ma che in realtà sono grandi temi sociali. Questo vale per la gestazione per altri come per quello che sta avvenendo al Senato per il suicidio medicalmente assistito e per altri versi per quelle che sono state le proposte sugli stupefacenti. Politicamente, questa è la manovra che vedo. Sono sicuro che questa legge non possa andare avanti, però si utilizzano questi argomenti come una clava. Argomenti estremamente sensibili, che andrebbero maneggiati con maggiore attenzione, proprio perché toccano nell’intimo migliaia di persone. La tendenza, invece, è quella di utilizzarli quasi con disprezzo, raccontando che questo viene fatto per la difesa della donna e per la tutela della sua dignità.

Il centrodestra sostiene che si tratti di una commercializzazione del corpo delle donne e soprattutto del bambino frutto di questa pratica. Come si può rispondere a chi paventa questo rischio?

In realtà è proprio per contrastare rischi di questo tipo che sarebbe importante avere una regolamentazione, così come avviene nel Regno Unito, in Canada e in Grecia, per altri versi. E questa è la prima risposta che andrebbe data. Dall’altro lato quello che c’è di più preoccupante e di violento nell’approccio che viene proposto è che nei fatti la proposta Meloni- Carfagna avrebbe delle conseguenze estremamente pesanti proprio sui bambini. La cui tutela, secondo tutte le pronunce, anche della Corte Costituzionale, dovrebbe essere l’obiettivo principale. L’esito di questa criminalizzazione della gestazione per altri, di fatto, sarà un allontanamento dei figli dai genitori. E a me sembra una follia, che spiego solo con l’intento propagandistico, che però non rende meno grave e irresponsabile questa proposta.

Il punto debole di questa proposta è che per essere efficace la gestazione per altri deve essere un reato anche nel Paese estero in cui si tenta di metterla in pratica.

È una proposta in contrasto con il diritto internazionale e con il principio di reciprocità dei sistemi giurisdizionali. C’è l’idea di renderlo un reato universale, ma non ci si rende conto che anche sotto questo profilo non regge e questo è un altro elemento che dimostra il carattere puramente propagandistico. Ma poi preoccupa il fatto che questi temi andrebbero affrontati con un approccio diverso. Con meno clamore e con una volontà maggiore anche di comprendere quali sono le storie - spesso drammatiche e umanamente importanti - delle persone che fanno e hanno fatto ricorso a questa pratica.

Ci sono dei profili di incostituzionalità di questa norma, qualora passasse?

Secondo me sì e risiedono proprio nel contrasto con il diritto internazionale, che la renderebbe inapplicabile di fatto, anche in contrasto con la legge 40 che va a modificare. Purtroppo però non è la prima volta che vengono proposte, a livello parlamentare, delle norme incostituzionali. Purtroppo è stato impossibile abbinare a questa l’altra proposta, che mira alla regolamentazione, perché questa si muove su un ambito esclusivamente penale, e quindi è solo competenza della Commissione giustizia, mentre l’altra, più ampia, è anche competenza della Commissione affari sociali. Altrimenti ci sarebbe stato un dibattito più ampio e più serio.

Ci sono anche molte femministe schierate contro il cosiddetto “utero in affitto”, nonostante le battaglie per rivendicare l’autonomia di ogni donna sulle scelte che riguardano il proprio corpo. Non c’è una contraddizione?

Io ho grande rispetto, su questi temi, delle posizioni di tutti e delle letture di tutti e anche un’attitudine al dialogo e alla comprensione. Ritengo, però, che nella società attuale, e di fronte alle possibilità che la scienza offre, anche alle persone che hanno problemi di infertilità o di infertilità sociale, la regolamentazione continui ad essere il modo migliore per affrontare queste questioni e non il divieto, la proibizione. Perché i rischi di abusi o di sfruttamento della donna sono più facili laddove non c’è una regolamentazione o dove c’è un divieto esplicito, perché è evidente che si creano delle zone grigie, o comunque si ricorre ad altri Paesi nei quali la società, la politica e le istituzioni hanno ritenuto più utile regolamentare questa pratica.

La soluzione sarebbe la gestazione per altri solidale?

Sì, regolamentata, individuando delle forme di rimborso per le donne che si rendono disponibili.

Quando conta in questo dibattito l’influenza della Chiesa?

Conta molto, ma conta su questo come sugli altri temi etici, che poi sono, appunto, temi sociali. Su questo, in particolare, c’è un’opposizione netta della Chiesa, ma sugli altri conta anche, dal punto di vista politico, il tentativo di conquistarsi delle parti di elettorato che si presume esistano e si spostino sulla base di questi temi. In realtà continuo a pensare che la società italiana sia più avanti delle indicazioni che arrivano dal Vaticano. Manca anche l’informazione, il racconto delle storie personali, drammatiche, delle famiglie che sono nate dalle pratiche di procreazione medicalmente assistita, tra le quali rientra anche la gestazione per altri. Le storie vengono proposte spesso in maniera dispregiativa e violenta, aggressiva, e questo non aiuta a far maturare nella società - e poi anche all’interno del Parlamento - una consapevolezza un po’ più ampia. C’è un enorme pregiudizio.

E questo pregiudizio come si supera?

Con l’informazione sulle esperienze concrete delle persone, sulle famiglie che sono nate e che vivono grazie a queste pratiche. È nella mancanza di conoscenza diretta che poi nasce la paura e anche il furore ideologico che è alla base di queste proposte, di chi sembra non si sia mai occupato di diritto di famiglia, sia da un punto di vista giuridico sia da un punto di vista della disumanità di chi affronta queste questioni.

Una delle obiezioni comuni è: perché non adottare?

Una cosa non esclude l’altra. Noi dobbiamo porci, come legislatori, di fronte ad una realtà che già c’è e ad una necessità di regolamentazione. Adottare è un’altra scelta, anche quella comporta delle procedure e non a tutti è consentito nel nostro Paese - penso alle coppie omosessuali e quindi anche in quei casi si ripropone la stessa questione. Anche lì servirebbe una riforma per ampliare i diritti. Ma soprattutto servirebbe sempre un punto di vista che anche la Corte costituzionale ha indicato, ed è quello dei diritti e del benessere complessivo dei figli. E questo secondo me è il profilo più grave che questa norma presenta: quello di scatenarsi con furore ideologico sulla gestazione per altri e poi in realtà colpire la parte più debole.