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AULA DI GIUSTIZIA
«Purtroppo, e lo dico con grande amarezza, non sempre un’assoluzione, anche se con formula piena, comporta per il diretto interessato il ritorno a una vita normale», afferma l’avvocato milanese Gilberto Celletti, che da oltre un decennio assiste un imprenditore lombardo in una causa per l’affido della figlia minore. L’imprenditore, dieci anni fa, quando era in corso la separazione dalla compagna, venne accusato da quest’ultima di aver consumato atti di violenza sessuale nei confronti della figlia, che all’epoca aveva poco più di sei anni.
L’accusa, terribile e infamante per un genitore, si era però rivelata del tutto priva di riscontro, e il processo si era quindi concluso con l’assoluzione dell’imprenditore. Lo stesso pm, in dibattimento, aveva affermato che la madre, con la sua denuncia, aveva messo in atto la condotta definita “Said Syndrome”, sindrome da accuse sessuali in divorzio. Eppure, da quel momento, la vita dell’imprenditore è cambiata per sempre, con un’assoluzione alla prova dei fatti rivelatasi solo “formale”.
Nonostante la sentenza, infatti, il legame dell’uomo con la figlia, affidata in via esclusiva alla madre subito dopo la denuncia di quest’ultima, si è interrotto. In dieci anni gli incontri fra padre e figlia, da tenersi in modalità protetta come stabilito dal giudice, si possono contare sulle dita delle mani. «I servizi sociali, incaricati dal Tribunale di Milano di tutelare la minore e favorire il dialogo tra le parti, si sono rivelati, nella migliore delle ipotesi, assenti», afferma Rosario Privitera, lo psicologo che, in qualità di consulente di parte, ha seguito l’imprenditore. «In dieci anni si sono succeduti almeno sei assistenti sociali, senza la necessaria continuità e senza alcuna progettualità concreta», prosegue Privitera.
La figlia dell’imprenditore è oggi un’adolescente. «È davvero questa la tutela del minore? Cosa accade quando chi dovrebbe proteggere non si presenta? Quando le istituzioni diventano complici di un’assenza ingiustificabile? Quando il diritto di un figlio ad avere entrambi i genitori viene cancellato, non da una sentenza, ma dall’inerzia e dal pregiudizio?», prosegue l’avvocato Celletti. «La storia del mio assisto - aggiunge - non è solo un caso ma il simbolo di un sistema che non funziona».
Dopo l’uscita, lo scorso aprile, dell’ultima figura incaricata, nessun nuovo professionista è stato nominato. Ad oggi, la minore non ha un referente istituzionale, e il padre, nonostante la propria costante disponibilità, non ha più avuto contatti reali con la figlia dal 2022. In compenso ci sono state una girandola di perizie, consulenze, pareri legali. Una girandola che non si ferma mai e che ogni volta riserva nuove sorprese.
Il risultato è che alcune situazioni si sono irrimediabilmente consolidate e i rapporti incancreniti proprio a causa del principale protagonista di vicende come questa: il tempo. In ogni procedimento giudiziario il fattore tempo è fondamentale. A maggior ragione in situazioni dove ci sono di mezzo figli minori. «Mi sento di rivolgere un appello al legislatore affinché decida di dare un risposta alle tante persone che si trovano a vivere questa drammatica esperienza», continua Celletti.
Quest’anno sarebbe dovuto partire il nuovo “Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie” con il compito, finalmente, di occuparsi di tutto ciò che attiene al diritto di famiglia in modo professionale e celere. L’avvio del nuovo ufficio è stato procrastinato al 2026 in quanto il personale che deve comporlo non è pronto e non ci sono le strutture. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha però già fatto sapere che a breve dovrebbero invece essere create delle sezioni specializzate in tali materie presso ciascun Tribunale. Speriamo che sia la scelta più opportuna.