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Filippo Spiezia, nuovo procuratore capo di Firenze
«In occasione della nomina del nuovo procuratore di Firenze il vicepresidente Pinelli ha espresso il proprio voto secondo quanto prevede la prassi costituzionale, e come farà anche in futuro, per le pratiche di particolare rilievo, come ha lui stesso affermato durante la dichiarazione di voto». È quanto hanno fatto sapere fonti vicine al vicepresidente del Csm in merito alla nomina di Filippo Spiezia. «Alla base delle ragioni del voto in favore di Spiezia - dicono le stesse fonti – c’è innanzitutto lo straordinario profilo internazionale di chi, in questi anni, ha rappresentato l'Italia in Eurojust. Inoltre c’è stata anche una valutazione dovuta al fatto che l'altro candidato, Squillace Greco, vicino all'età pensionabile, avrebbe obbligato questo Csm a riaprire il bando nei 4 anni di questa consiliatura, in una procura che per lungaggini del Consiglio stesso è stata scoperta molto tempo e ha ora bisogno di una guida duratura». Ma queste parole non placano le polemiche.
I membri togati del Csm di AreaDg hanno emesso una nota in cui hanno rilevato che «l’esito della votazione ha acquisito» «una netta portata politica a causa della scelta del vicepresidente di rompere la prassi di astensione, finora seguita; scelta sorprendente che disattende la linea finora tenuta e che Pinelli ha giustificato con la “importanza” della nomina. Forse avrebbe fatto bene almeno a chiarire, dopo che il Consiglio ha appena deciso per esempio le nomine del procuratore di Reggio Calabria e del presidente del tribunale di Torino, il significato per lui di questo sostantivo». Un editoriale apparso poi sul sito di AreaDg ha rincarato la dose: «Vi ricordate dell’Hotel Champagne? Quell’albergo di terz’ordine che ha dato il nome ad uno degli scandali più gravi della storia della Magistratura e del Csm?».
Anche oggi «quello che è successo al Csm sulla nomina del procuratore di Firenze dimostra che le istanze più opportunistiche di certa politica trovano attenzione e riscontro nell’emiciclo dove vengono prese le decisioni. Alla luce del sole e senza notti insonni». È «l’ingresso della politica politicante e dei suoi interessi più inconfessabili all’interno dell’organo di governo autonomo dei magistrati». Anche per l’esecutivo di Magistratura democratica «sono emersi alcuni fatti che sembrano mettere in discussione il declamato abbandono delle logiche di appartenenza, l’abbandono dei tatticismi e la stessa impermeabilità del governo autonomo della magistratura a ragioni di opportunità politica».
Per le toghe guidate da Stefano Musolino, «a fronte di una prassi piuttosto radicata – per cui il vicepresidente è uso astenersi dal partecipare al voto su nomine che vedono le componenti consiliari frammentate – nel caso della procura della Repubblica di Firenze, ha scelto di partecipare al voto, orientando in modo determinante il risultato della delibera consiliare; non è in discussione il potere di esprimere il voto – trattandosi di evenienza prevista dalla normativa – quanto piuttosto il non motivato scostamento dalla prassi e, soprattutto, la mancata esplicitazione delle ragioni per cui il vice presidente ha espresso la preferenza per quello specifico candidato. Auspichiamo che l’attività del Csm, in futuro, non susciti analoghi interrogativi e perplessità». Bocche cucite da Mi e Unicost.