«Si ricorre al 41 bis con troppa leggerezza, esponendolo a rischi di tenuta. Come si è fatto estendendo ai reati di pubblica amministrazione il regime che condiziona i benefici penitenziari a chi recide i legami criminali. Ma trattare un boss mafioso come un vigile urbano condannato per peculato ha creato contraddizioni normative e alla fine indebolito lo strumento». A dirlo in un’intervista a La Stampa è Sebastiano Ardita, magistrato antimafia ed ex membro del Csm, per il la «crisi arriva da lontano», e «la spia è il numero di detenuti al 41 bis. Oltre 700: troppi. Il numero fisiologico sarebbe intorno a 500».

In merito alla sentenza della Corte di Cassazione, che ha deciso di non revocare il carcere duro per Alfredo Cospito, Ardita non è affatto sorpreso. E anzi si dice «stupito» che lo siano gli addetti ai lavori. La Suprema Corte era infatti chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento. Ma la valutazione sull’utilizzo del 41bis nel caso concreto «non può essere né scaricata, né rivendicata dalla magistratura». Spetta al ministro della Giustizia, al quale la legge attribuisce il potere di disporre la misura. «Dovremmo smetterla con questo dibattito da strada sul 41 bis, rimettendo le cose in ordine, distinguendo compiti e responsabilità tra politica e magistratura, e ragionando sulle conseguenze sistemiche delle scelte su singole vicende come il caso Cospito», spiega Ardita.

Per l’ex presidente della Corte Costituzionale Giancarlo Coraggio, «la legittimità dei 41 bis non si discute, ma lo Stato deve evitare la tragedia». «Se il 14 bis in toto non è in discussione, le singole misure possono ben essere riesaminate. L'ha fatto la Cedu per il caso Provenzano, il 41 bis in caso di malattia, e ha accolto l'istanza. La Consulta ha dichiarato incostituzionali nel 2013 il numero troppo limitato di colloqui con i difensori, nel 2018 l'impossibilità di cuocere i cibi in cella, nel 2022 la censura della corrispondenza con gli avvocati, mentre ha respinto la richiesta di poter prendere i libri dall'esterno», spiega in un’intervista a Repubblica Coraggio. «Come tecnico –aggiunge – mi devo chiedere se alcune misure siano "disumane". Vale per Cospito come per altri: la sua situazione può essere l'occasione giusta per riesaminare dalle fondamenta il regime del 41 bis. Ma
resta sempre la possibilità di denunciare singole norme alla Consulta».