Che nella vita di A. potessero esserci stati abusi e maltrattamenti era stato già ipotizzato nel 2014, quando ad occuparsi della piccola presunta vittima di allontanamento ingiustificato erano assistenti sociali diversi da quelli oggi a processo. E le segnalazioni venivano non solo dai servizi sociali, che avevano in carico la famiglia sin dalla nascita della bambina, ma anche dalla scuola e dal reparto di neuropsichiatria infantile. Tanto è emerso ieri nel processo “Angeli e Demoni” sui presunti affidi illeciti in val d’Enza, grazie al deposito - accordato dal collegio - dell’intero fascicolo della minore, dal 2008, anno della sua nascita, al 2019, anno in cui è intervenuta la procura con il blitz sugli affidi.

A depositare i documenti è stata la difesa di Federica Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali della val d’Enza e principale imputata del processo. Il pm Valentina Salvi ha chiesto dunque se fossero stati acquisiti più fascicoli del caso, ma la difesa ha spiegato che esiste un unico fascicolo che racconta l’intera storia di quel nucleo familiare. E si tratta di un fascicolo ben più corposo di quello depositato dal pm in udienza preliminare nel 2021, che di fatto conteneva solo i documenti del Tribunale dei minorenni, mancando tutta la storia relativa alla presa in carico da parte del servizio sociale, ben prima che entrassero in gioco gli imputati. Ieri si è concluso il controesame della madre della piccola, che ha fatto venire fuori molteplici contraddizioni, sulle quali le difese, al momento, preferiscono però non sbilanciarsi. Stando all’esame testimoniale, era stata la stessa bambina a rivelare alla madre di aver subito abusi dal suo ex compagno che ha continuato a frequentare anche dopo la separazione, intrattenendo contemporaneamente diverse altre relazioni stabili e occasionali -, rivelazioni che poi la donna aveva trasferito a carabinieri e servizi sociali. Ma tali circostanze sono state successivamente negate, contestando l’allontanamento disposto dal Tribunale dei minori di Bologna come illegittimo. Nel corso della testimonianza è anche emerso che la bambina, prima dell’allontanamento, quando frequentava le scuole elementari, era seguita da un insegnante di sostegno, non più ritenuto necessario una volta rientrata in famiglia, tanto da iniziare il nuovo anno scolastico alle scuole medie senza certificazione ex lege 104.

Come emerso lunedì, la ragazza, che oggi è in prima superiore, abita ancora con i nonni e la madre continua a non inserirla nello stato di famiglia, giustificando tale situazione con il provvedimento del Tribunale dei minori, che ha collocato la ragazza presso i genitori del padre, soggetto borderline. Una versione diversa rispetto a quella fornita in precedenza, quando la donna giustificava la lontananza dalla figlia con la necessità di garantirle continuità scolastica. Un problema, in ogni caso, che ora non si porrebbe più. Nel corso dell’udienza di ieri il pm Salvi ha contestato nuove ipotesi di falso a psicoterapeuti e assistenti sociali, intervenendo nuovamente sul capo di imputazione che riguarda l’abuso d’ufficio,

modificato una prima volta nel corso dell’udienza preliminare, nel momento in cui è entrata in vigore la riforma varata dal governo giallorosso che ne restringeva il campo. La pm, all’epoca, aveva riscritto le accuse facendo una descrizione dei fatti che risultasse maggiormente in linea con il nuovo testo della norma. Nel corso del dibattimento aveva ritenuto di modificare nuovamente il capo d’imputazione, prendendo però come testo di riferimento quello iniziale, ovvero quello scritto prima della modifica formulata davanti al giudice per l’udienza preliminare. Da qui la nascita di un capo d’accusa ibrido: mentre, infatti, lo psicoterapeuta Claudio Foti veniva giudicato per concorso in quel reato in abbreviato - dove è stato assolto in appello - sulla base della riformulazione aggiornata alla luce della riforma, nel processo ordinario - che per lo stesso capo vede imputati il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, Paolo Colli, sindaco di Montecchio Emilia e gli assistenti sociali Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli si procedeva con una formulazione diversa.

Da qui l’intervento di ieri per correre ai ripari. Salvi ha inoltre contestato nuove falsità ideologiche nelle relazioni inviate poi dagli assistenti sociali e dagli psicoterapeuti all’autorità giudiziaria, relazioni nelle quali, secondo l’accusa, sarebbero state attribuite ai minori affermazioni false circa gli abusi subiti e gli stati d’animo rispetto al rapporto con i genitori. Gli avvocati degli imputati hanno chiesto termini a difesa e ora sulle modifiche e sulle nuove contestazioni potranno essere chieste nuove prove, compresi nuovi testimoni, o addirittura essere formulate nuove scelte processuali. Il processo riprenderà il 25 settembre con la discussione sulle modifiche, non le prime per un processo che procede a rilento. A gennaio, infatti, la procura aveva contestato nuove aggravanti in merito alle accuse di falso, che riguardano circa una quarantina di imputazioni. Una carta, quella giocata dal pm Salvi, che secondo le difese sarebbe servita a salvare il processo dalla prescrizione imminente, «una sorta di abuso del processo - aveva commentato all’epoca il professore Oliviero Mazza, difensore insieme a Rossella Ognibene di Anghinolfi -, per tenerlo in vita in modo artificioso».