Sì del Tribunale dei Minori di Trento alla richiesta di adozione in casi particolari di tre bambini da parte della madre non biologica, unita civilmente e in seguito separata dalla donna con cui ha condiviso un percorso di fecondazione medicalmente assistita. 

Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale, nell’accogliere l’istanza avanzata “in pieno accordo e con il pieno consenso della madre biologica”, ha sottolineato che l’adozione “realizza la relazione che di fatto già esiste fra madre intenzionale e i figli sin dalla loro nascita e risponde, pertanto, al fondamentale interesse alla continuità affettiva per i minori coinvolti” nel procedimento. 

Nella sentenza dell’11 giugno, si sottolinea che la mamma non biologica ha “sempre provveduto ai bisogni economici, educativi e di cura dei tre minori, che la riconoscono pienamente come madre”, subendo tuttavia “molte limitazioni dal punto di vista giuridico e amministrativo” a causa del mancato riconoscimento del vincolo giuridico.

Nel 2008 la coppia aveva deciso di intraprendere un progetto condiviso di procreazione medicalmente assistita, da è nato il primo figlio nel 2010 e successivamente due gemelli. “Negli ultimi mesi la coppia ha deciso di interrompere la relazione sentimentale e, a maggior ragione, appare necessaria, in primo luogo e soprattutto nell’interesse dei minori, regolarizzare a livello giuridico la situazione affettiva che lega l’istante ai tre minori”, si legge nel testo. Di qui la richiesta della donna, assistita dall’avvocata Martina Gaiardo, di cui si è formalizzato il riconoscimento come genitore. 

L’istituto a cui si fa riferimento nel caso in esame, l’adozione in casi particolari, è disciplinato dall’articolo 44 della legge 184 del 1983 e differisce dalla cosiddetta “adozione piena”, che di norma è negata alle coppie dello stesso sesso: il procedimento “ordinario” è riservato esclusivamente ai coniugi. Le coppie unite civilmente o conviventi di fatto possono invece accedere all’adozione in casi particolari, consentita anche ai singoli, normalmente nei casi in cui vi sia già una relazione affettiva tra il bimbo e il “genitore di fatto”.