In attesa della proposta di legge promessa dal governo, inizia domani, in Commissione Giustizia alla Camera, l’esame dei ddl per l’abrogazione o la modifica dell’abuso d’ufficio. Una riforma sulla quale era stato il ministro della Giustizia Carlo Nordio in persona ad impegnarsi con i sindaci, promettendo un intervento legislativo entro fine gennaio.

Tale scadenza è poi slittata a maggio, tant’è che è stata una mozione di Azione-Italia Viva, lo scorso 15 marzo, ad impegnare il governo «ad adottare iniziative normative volte a prevedere l'abrogazione dell'articolo 323 del codice penale, o in subordine a modificare» la legge Severino, «al fine di escludere la sospensione di diritto dalle cariche regionali e locali in caso di condanna non definitiva per il reato di abuso d'ufficio, e a rendere tassativa la fattispecie del reato di traffico di influenze, raccogliendo le istanze ripetutamente formulate dagli amministratori locali». Tutti temi in cima all’agenda del Guardasigilli, che sono però rimasti in sospeso. Così a muoversi sono stati i parlamentari. E in attesa di conoscere le determinazioni dell’esecutivo, sono arrivate le proposte di Forza Italia e Terzo Polo, intenzionate ad anticipare i tempi per rispondere ad una delle problematiche più sentite tra gli amministratori locali: la paura della firma.

Su tale argomento si era espresso non soltanto il ministro - convinto addirittura della necessità di abrogare l’articolo 323 del codice penale - ma anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che all'assemblea nazionale dell’Anci aveva garantito la volontà di una revisione della norma, per sgravare i sindaci da quel timore «che inchioda una nazione che invece ha un disperato bisogno di correre». A rallentare il passo è stato però proprio l’esecutivo, travolto dal caso Cospito, dalla vicenda Delmastro-Donzelli e poi dalla tragedia di Cutro. Così dei tavoli politici convocati a via Arenula - dai quali sarebbe dovuta emergere una proposta in grado di mettere d’accordo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia - non si è più saputo nulla.

A quel tavolo sedevano, oltre al ministro Nordio, il suo vice Francesco Paolo Sisto e i sottosegretari Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari. Convinti, i primi due, della possibilità di radere al suolo il reato, e gli altri della necessità di intervenire con un semplice restyling, data la natura di reato spia dell’abuso d’ufficio. Dei dossier dei partiti si è persa ogni traccia. E sul tavolo, alla fine, sono finite entrambe le proposte, sponsorizzate da Forza Italia. Quella principale - che per gli azzurri rimane prioritaria - porta la prima firma di Pietro Pittalis e prevede la cancellazione tout court del reato. «Il problema più evidente è la sua indeterminatezza e la sua mancanza di precisione nel definire le condotte punibili - si legge nella relazione -.

Come reato è una sublimazione patologica dell’atto amministrativo, illegittimo per vari motivi, con la conseguenza di una burocrazia difensiva». Una proposta “estrema”, affiancata da quella simile depositata dal deputato di Azione Enrico Costa, che prevede l'abrogazione dell'articolo 323 del codice penale e l’introduzione dell'abuso d'ufficio come fattispecie punita con sanzione amministrativa pecuniaria. Nella sua relazione, Costa cita le conclusioni del professore Luigi Stortoni, membro della commissione di studio sullo status degli amministratori locali istituita all’epoca in cui il deputato di Azione ricopriva il ruolo di ministro per gli Affari regionali.

Quanto al livello giuridico, affermava Sortoni, «l'esperienza dimostra che le varie formule normative sperimentate dal legislatore nel tipicizzare il reato di “abuso” di potere e/o d'ufficio si sono dimostrate inidonee ad arginare il fenomeno della ingerenza del giudice penale nell'attività della Pubblica amministrazione».

Sul piano penale, invece, «le sentenze di condanna riguardano sotto il profilo oggettivo, per lo più irregolarità amministrative, comportamenti che si assumono “parziali” anche se non consistenti in espresse violazioni di una specifica norma (...), fatti il cui disvalore penale in nulla o ben poco obiettivamente si distingue da quello dell'illecito amministrativo e/o disciplinare. Considerazione questa che deve essere direttamente rapportata al principio – anche costituzionale – di sussidiarietà ed extrema ratio del diritto penale».

L’altra proposta presentata a Montecitorio è quella che porta la firma di Roberto Pella, capogruppo di FI in Commissione Bilancio e vicepresidente vicario di Anci. Un unico articolo, col quale cancellare l'abuso cosiddetto “di vantaggio” - ovvero il compimento di un atto amministrativo giova a qualcuno oppure lo danneggia - e circoscrivere il reato specificando che deve essere compiuto “consapevolmente”, arrecando “direttamente” ad altri un danno ingiusto. «Le modifiche si rendono necessarie per operare un cambio di rotta da più parti auspicato - si legge nella proposta - e superare una delle tante criticità della giustizia italiana che, piuttosto che ridare slancio alla pubblica amministrazione, e, attraverso essa, perseguire obiettivi di ripresa economica del nostro Paese, creano danni e alimentano disfunzioni». Una formulazione, quella di Pella, che potrebbe rappresentare la soluzione di mediazione inseguita dal governo.