PHOTO
La piccola A. si intristiva e piangeva prima degli incontri con i suoi familiari. A spiegarlo, ieri in aula, sono state alcune insegnanti della bambina considerata il “caso zero” di Bibbiano. Bambina sulla quale ora sono diverse le testimonianze che chiariscono il disagio poi certificato dai servizi sociali della Val d’Enza, accusati dalla procura di Reggio Emilia di aver strappato in maniera illecita alcuni bambini alle loro famiglie, compresa A.. In aula, ieri, sono comparse Carmela Serpico, insegnante di sostegno, Luisa Nasi, maestra di italiano, Valentina Vecchi, maestra di matematica ed educazione fisica, che prestano servizio nella scuola dove la bambina si è trasferita dopo essere stata data in affido.
Stando alle loro testimonianze, dunque, la bambina che ha una certificazione ex lege 104 già da prima dell’affido - dopo essere stata affidata ad una famiglia diversa da quella naturale sarebbe migliorata dal punto di vista delle prestazioni scolastiche, ma anche per quanto riguarda il profilo psico- motorio. Una bambina sostanzialmente serena, secondo le testi, tranne nei momenti che precedevano gli incontri con la famiglia d’origine e, in particolare, con il nonno. Era la stessa bambina a comunicare il proprio disagio alle insegnanti, alle quali confidava di essere impaurita. Spesso durante le ore a scuola la bambina aveva scoppi improvvisi di pianto, ma le maestre, per tranquillizzarla, avevano adottato una tecnica: aprivano le finestre per “far uscire” i brutti pensieri, e le chiedevano di spostare la sua attenzione su ciò che stava facendo in quel momento.
I miglioramenti sono testimoniati da alcuni documenti depositati in udienza: in primis la valutazione del primo quadrimestre, nella quale la bambina viene descritta come ben inserita in classe, dimostrando «maggior conoscenza di sé e miglior controllo emotivo». Ma non solo: nel piano educativo individualizzato viene evidenziato come tra gli obiettivi della scuola vi fosse quello di lavorare sulla attività motoria di A., che grazie agli esercizi in palestra era riuscita a fare parecchi progressi, riuscendo anche a fare piccole corse, cosa per lei era impossibile quando era iniziato anno scolastico.
Le maestre appuntano anche un miglioramento dell’autostima e maggiore autonomia emotiva alla fine dell’anno scolastico. «Rispetto allo scorso anno - si legge - l'alunna è maggiormente inserita nel gruppo classe. È più sorridente e serena». Agli atti anche una delle mail inviate dall’affidataria alla psicologa di A., nella quale vengono evidenziati già a ottobre 2018, cioè all’inizio anno scolastico del periodo di affido, i progressi della bambina: in particolare a scuola la bambina – che aveva un'insegnante di sostegno - restava nella classe con gli altri alunni e aveva fatto progressi nel seguire il dettato in classe come gli altri bambini, ma ancora, nella mail dell’ 8 ottobre, si legge: «In questi mesi ha maturato tante autonomie sia nell’igiene personale
che nella gestione dei propri vestiti e delle proprie cose, ha molta voglia di imparare e rimprovera quotidianamente la nonna per non averle insegnato nulla, per non averla ascoltata per non averle mai fatto scegliere dei vestiti da bimba ma costretta a portare vestiti scuri non adatti alla sua età, lasciata giorni giorni e ancora giorni sul divano a giocare con il tablet a mangiare fino a farsi venire il vomito. (...) A. è felice di correre e giocare, cose che le venivano negate con la risposta che lei aveva dei problemi e che doveva stare seduta sulla panchina (...) Lei non poteva esprimersi se cercava di farlo veniva zittita immediatamente.
Sempre a disposizione per ogni aggiornamento ti informo che oggi le ho comunicato che avrebbe visto il nonno e si è messa a piangere immediatamente, chiedendomi se c’era la possibilità che lo chiedesse di nuovo di vederla o se era solo per una volta, io le ho detto che lei ad ogni incontro se non si sente serena deve ed è suo diritto dire che vuole stoppare l'incontro con qualunque membro della sua famiglia perché gli incontri per lei devono essere motivo di gioia e non di ansia».
Nel corso di una delle precedenti udienze, la difesa della psicologa Annalisa Scalabrini aveva valorizzato questa e altre mail, evidenziando come la donna andrebbe sentita con le garanzie previste per i soggetti indagabili, con riferimento a due accuse di falso. Stando all’imputazione, infatti, gli assistenti sociali avrebbero rappresentato falsamente il miglioramento dello stato emotivo di A. a seguito dell’affido. Ma proprio i messaggi inviati dall’affidataria a Scalabrini evidenziano come fosse stata la donna a comunicare tali elementi.
La pm Valentina Salvi si era opposta, definendo «strumentale» la ricostruzione della difesa. La Corte ha però accolto la richiesta della difesa, indicando la testimone come possibile concorrente, almeno in astratto, nel reato di falso ideologico contestato a Scalabrini e Federica Anghinolfi, principale imputata del processo, difesa da Rossella Ognibene e Oliviero Mazza. Per le giudici, infatti, dalle mail prodotte dalla difesa risulta in modo chiaro la corrispondenza tra le dichiarazioni di A. riportate dall’affidataria a Scalabrini e le parti della relazione indicate come false dall’accusa e trasfuse nel capo di imputazione.
La bambina, stando al racconto delle maestre ascoltate nel corso dell’udienza precedente e che insegnavano nella scuola elementare del paese della famiglia naturale, aveva raccontato a scuola dei presunti abusi subiti da parte dell’ex compagno della madre. «D. mi tocca nelle zone intime…. Mi manca il sesso. Mi manca D.», aveva appuntato una maestra raccogliendo le dichiarazioni della bambina.