I grillini non voteranno la fiducia al Dl Aiuti, crisi di governo a un passo

Giornata politica di ordinaria follia, quella di ieri. Le aperture del premier Draghi - ribadite anche nel corso di una telefonata col leader grillino non sono bastate a convicere Conte e i suoi a votare il dl Aiuti. Né sembrano aver avuto effetto le minaccia di voto arrivate dal segretario dem, Letta e da quello della Lega, Salvini. Conte, dopo una due giorni di consultazioni, ha dunque deciso che i 5S usciranno dall’Aula.

DELGADO E VAZZANA L’urna può attendere Troppe emergenze per tornare a elezioni

L’accumularsi di criticità che è tale da rendere il vuoto di governo per 4- 5 mesi una minaccia per tutti

È vero, c'è sempre una ragione superiore che impone di evitare le elezioni anticipate in nome, va da sé, del ' senso di responsabilità'. Nove volte su dieci è un alibi ma c'è sempre l'eccezione, quell'unica volta in cui l'argomento non è solo furbesco. La situazione italiana oggi è quell'eccezione. L'accumularsi di emergenze che si sommano, si intrecciano e si potenziano vicendevolmente è tale da rendere il vuoto di governo per 4- 5 mesi una minaccia che, se appena possibile, andrebbe evitata.

Nelle settimane scorse nessuno si è adoperato in questo senso. Non la destra, ed è comprensibile dal momento che elezioni ora, in seguito a una crisi provocata o almeno attribuita ai 5S, permetterebbero di tirare un rigore a porta vuota. Non il Pd, che ha puntato sulla propaganda elettorale, sia contro la destra che contro le ' bizze' di Conte molto più che sulla difesa della stabilità. Non il M5S che è avvitato una strategia confusa e sgangherata fino a trovarsi avviluppato nelle proprie stesse incomprensibili manovre. Neppure Draghi, che non ha concesso a Conte alcun margine di retromarcia se non la resa, anche a costo di rischiare l'esplosione nel momento peggiore per il Paese.

Per il premier, a fronte delle fibrillazioni continue soprattutto di M5S e Lega ma in realtà, in un modo o nell'altro, dell'intera maggioranza, tracciare una linea invalicabile era in realtà una mossa obbligata ed era scontato in partenza che l'eventuale ritiro della delegazione al governo significasse oltrepassare quella linea. La scelta di considerare inaccettabile anche un escamotage politicante come la non partecipazione al voto, facendo filtrare la decisione di non accettare neppure un eventuale rinvio di fronte alle Camere per verificare lo stato della maggioranza, è stato un di più azzardo e probabilmente non condiviso neppure dal capo dello Stato. Mattarella è infatti convinto che tre emergenze congiunte rendano necessaria la permanenza di Draghi a palazzo Chigi almeno sino a dicembre: il completamento degli impegni collegati al Pnrr, il reperimento di fonti energetiche alternative al gas russo e la nuova campagna di vaccinazione di massa in autunno.

Draghi ha invece deciso di correre il rischio senza deviare di un centimetro, senza neppure concedere al leader dei 5S un appiglio per giustificare la retromarcia. È una mossa che ha senso solo se il premier intende cogliere l'occasione per arrivare a un chiarimento definitivo con l'intera maggioranza, in modo da sottrarsi, per quanto possibile, alle previste, anzi alle annunciate scosse telluriche di settembre. Un quadro nel quale i 5S accettassero la resa oggi perché spaventati dalla minaccia di elezioni anticipate ma solo per riprendere la guerriglia interna domani sarebbe, se non proprio un rimedio peggiore del male, pur sempre una situazione inaccettabile. Anche perché la palla passerebbe alla fronda di destra, alla Lega e a Fi, che a differenza di Conte non hanno alcuna paura delle elezioni anticipate e anzi avrebbero tutto da guadagnare nello scioglimento anticipato della legislatura.

È dunque probabile che Draghi faccia davvero il possibile per rendere questa mano quella risolutiva, ma è molto difficile che ci riesca e le difficoltà aumenteranno di giorno in giorno dopo l'estate. Più probabilmente quella di oggi, sempre che si riesca davvero a evitare una crisi che ieri mattina sembrava certa e ieri sera improbabile ma non impossibile, sarà una tregua e nulla di più. Governo e Parlamento dovrebbero pertanto ingranare la quinta e mettersi a correre, con l'obiettivo di raggiungere in anticipo i traguardi mettendo al sicuro il Paese anche ove nei prossimi mesi la tregua dovesse saltare. Dopo aver perso anni senza concludere niente sulla riforma elettorale le forze politiche sono ora vicine a un accordo sul proporzionale con soglia di sbarramento al 4 per cento e premio di maggioranza solo oltre la soglia quasi inarrivabile del 45. Dovrebbero procedere come se avessero di fronte settimane e non mesi. Le misure per mettere in sicurezza lo stoccaggio del gas, la campagna di vaccinazione, gli adempimenti del Pnrr e la stessa legge di bilancio dovrebbero procedere a passo di carica.

Perché se anche si eviterà una crisi pericolosissima oggi la tempesta di questi giorni dimostra che anche in futuro non ci sarà nessuna sicurezza.