KEMAL KILIÇDAROGLU VITTIMA DELLA “LEGGE ANTI FAKE NEWS”

«Hanno svuotato il Tesoro, distrutto l’economia. Dopo che tutte le risorse sono state consumate, hanno iniziato un gioco sporco per rimanere al potere... Hanno chiuso un occhio su tutti i tipi di denaro nero che entra nel Paese.» Con queste parole il 31 ottobre scorso, Kemal Kiliçdaroglu, leader del Partito repubblicano ( Chp) turco all'opposizione, lanciava un durissimo attacco contro il governo di Erdogan.

Secondo il Chp, lo Stato a corto di valuta estera, con un paese alle prese con una grave crisi economica e un'inflazione a doppia cifra, avrebbe attirato i cartelli della droga, non facendo nulla per limitare l'esplosione e la diffusione di consumo e commercio delle sostanze stupefacenti. Erdogan ha risposto indignato argomentando che i sequestri di droga sono aumentati di cinque volte dal 2019 al 2021 come segnalato dal Counter Narcotics Department.

Sebbene aspro lo scambio rientrerebbe nella dialettica politica di un paese, ma non in Turchia. Kiliçdaroglu infatti è stato denunciato presso la procura di Ankara diventando la prima vittima incappata in quella che è stata chiamata eufemisticamente legge contro la disinformazione. Un provvedimento contestatissimo entrato in vigore ad ottobre che rischia seriamente di minare se non sopprimere la libertà di espressione.

La polizia ha incriminato l'esponente dell'opposizione proprio per le sue dichiarazioni, l'accusa è quella appunto di «diffondere informazioni false e lesive dell’immagine della nazione.» La Direzione generale della sicurezza ( Egm) ha dunque inoltrato una denuncia formale presso l’Ufficio investigativo che è chiamato a indagare sui delitti commessi da parlamentari. Il reato è descritto con la massima precisione «insulto, calunnia e offesa allo Stato turco.» Il Chp ha contestato in maniera veemente l’introduzione della norma voluta da Erdogan in persona, il fatto che ora il suo politico più noto ne sia rimasto colpito sembra dargli ragione. La parte più contestata della legge è l’articolo 29, che prevede fino a 3 anni di carcere per giornalisti e utenti di Internet che pubblicano contenuti che possano «creare paura e turbare l’ordine pubblico». La formulazione, volutamente vaga, potrebbe di fatto costringere i giornali ad autocensurarsi per non incorrere nelle sanzioni.

Durante la discussione della legge un deputato del Chp, Burak Erbay, aveva dato luogo a una clamorosa protesta: distruggendo a martellate il suo telefono: «Vi rimane solo una libertà: il telefono in tasca. C’è Instagram, YouTube, Facebook. È lì che comunicate. Se la legge passa in parlamento, potete rompere il vostro telefono e buttarlo. Non vi servirà più a nulla».

A nessuno sfugge che il vero obiettivo del provvedimento possano essere le elezioni presidenziali del 2023: se Kemal Kiliçdaroglu fosse condannato o privato dei diritti civili, il “sultano” avrebbe fatto fuori un temibile avversario.