Federico Varese, professore di Criminologia e direttore del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Oxford, da decenni studia la politica russa e la mafia di quel paese che ha ramificazioni in tutto il mondo. Dopo l’attentato nel quale è stata uccisa Darya Dugina, in tanti si sono affrettati a tracciare un profilo del padre, Alexander Dugin. «Rappresentare Dugin», dice al Dubbio il professor Varese, «come un consigliere di Putin è assolutamente sbagliato».

«Dugin – evidenzia il criminologo dal suo studio di Park End Street, a poca distanza dal Nuffield College - è un pensatore che ha la capacità sincretica con la quale mette insieme tante cose diverse tra loro. Cita Max Weber, Carl Schmitt o gli ideologi del nazismo. È un pensatore che si autodefinisce fascista ed è uno dei propugnatori del concetto dell’Eurasia e della Nuova Russia, che include la Bielorussia e l’Ucraina. È un personaggio abbastanza ai margini del mondo russo. Qualcuno lo definisce il Rasputin di Putin, il suo ideologo. Non è così. Putin alcune volte cita dei pensatori di destra, ma non ha mai citato Dugin. Quest’ultimo a sua volta è molto critico nei confronti di Putin, definito non abbastanza radicale».

A rendere il filosofo russo famoso in tutto il mondo è la sua capacità di esprimersi in lingue diverse.

«Una sua caratteristica – prosegue Varese - è quella di parlare molte lingue, italiano compreso. Ciò lo ha reso molto più famoso all’estero che in Russia. È un personaggio secondo me sopravvalutato rispetto al mondo russo, ma comunque importante essendo un ideologo del neofascismo mondiale con connessioni in tutti i continenti. La figlia era a rimorchio del padre con un’attività parallela. Quando fu ucciso, qualche anno fa, un boss della mafia di New York, tutti i commentatori si affrettarono a definire l’accaduto come la conseguenza di una faida. Venne fuori poi che l’omicidio fu commesso da un giovane al quale fu vietato di incontrare la figlia del boss. Dico questo per non mettere mai da parte una giusta dose di prudenza quando si commentano determinati fatti». Giungere a conclusioni affrettate per analizzare episodi come l’attentato di Mosca di tre giorni fa non è mai saggio. «La mia impressione – afferma Varese - è che il vero obiettivo fosse Dugin. L’altra cosa che non escluderei, che nessuno dice, è che l’attentato potrebbe essere nato all’interno del mondo di Dugin. Un mondo violento, di gente permalosa che si offende molto facilmente, che si basa su concetti distorti dell’onore. Non escluderei neppure una questione di soldi. Inoltre, si è trattato di un attentato rudimentale con un timer usato per far esplodere una bomba. Molti oppositori del governo russo sono stati uccisi o sono morti in circostanze molto sospette e in maniera molto diversa: con il veleno, hanno avuto infarti. Il modus operandi dà l’impressione di un’operazione un po’ ai margini del sistema putiniano classico. E comunque bisogna distinguere tra chi ha commesso l’attentato e l’utilizzo che ne verrà fatto dal governo. Non c’è dubbio che il governo russo utilizzerà questo attentato in funzione anti- ucraina. Alcuni giornali hanno già definito Darya Dugina “una guerriera caduta in una guerra santa”».

Individuare gli ideatori dell’attentato non è semplice. «Possono essere stati – commenta il criminologo - dei soggetti all’interno stesso degli apparati di sicurezza. La strategia della tensione esiste anche in Russia. Non escluderei che sia stato un attentato organizzato a livello medio- basso dei servizi. Sarebbe molto strano se l’attentato fosse stato organizzato dall’Ucraina, perché quest’ultima è stata attenta a non interferire e a non fare operazioni sul territorio russo. Si tratta di una condizione ben precisa rispetto all’aiuto occidentale, che prevede di non attaccare il territorio russo e di difendersi e basta. L’ipotesi di un gruppo autoctono russo infine è molto difficile da valutare, dato che i controlli da parte delle autorità sono particolarmente stretti» Se la guerra si concluderà sfavorevolmente per la Russia, il putinismo avrà i giorni contati? «Putin – conclude Federico Varese - ha il terrore di essere mandato via da un movimento democratico. Le sue avventure militari, prima in Crimea e poi in Ucraina, sono motivate dal desiderio di reprimere la società civile. Putin combatte per un’idea imperiale, ma anche per distruggere la libertà in Russia. La società russa fino al 2012 è andata incontro ad una incoraggiante modernizzazione e sviluppo. Da quell’anno in poi le cose sono cambiate. Modernizzazione e sviluppo significano anche crescita democratica, inaccettabile da parte di Putin. Una spinta che potrebbe riprendere se le cose dovessero andare male in Ucraina. Esiste, infatti, una fortissima opposizione, non dichiarata, nell’élite russa. La storia insegna che quando perdi una guerra perdi il controllo della situazione, ma prevedere adesso cosa potrà succedere è difficile».

La strumentalizzazione

«BISOGNA DISTINGUERE TRA CHI HA COMMESSO MATERIALMENTE L’ATTACCO DINAMITARDO CONTRO IL VEICOLO DALL’ L’UTILIZZO PROPAGANDISTA CHE NE VERRÀ FATTO DAL GOVERNO RUSSO. NON C’È DUBBIO CHE IL CREMLINO UTILIZZERÀ QUESTO ATTENTATO IN FUNZIONE ANTI- UCRAINA. ALCUNI GIORNALI HANNO GIÀ DEFINITO DARYA DUGINA “UNA GUERRIERA CADUTA UN UNA GUERRA SANTA”» .