Ursula von der Leyen è stata eletta presidente della Commissione europea con 383 voti a favore ( per la maggioranza assoluta ne bastavano 374) e 327 contrari e la sua elezione per soli sette voti apre un fronte rovente in Italia.

Il Movimento 5 Stelle ( senza gruppo in Europa) ha infatti votato a favore della politica tedesca, facendo montare l’ira dei leghisti e del loro gruppo sovranista Id, che ha invece votato contro. «Ursula von der Leyen eletta per un soffio. Gli inciuci continuano», lamenta un europarlamentare vicino a Salvini come Alessandro Panza, responsabile organizzativo federale del partito.

«I 5 stelle hanno fatto asse con il Pd», è l’accusa che arriva da fonti governative leghiste. Intanto, però, i giochi sono fatti: l’ex ministra della Cdu succede ufficialmente a Jean Claude Juncker, e così inizia la sua avventura di Ursula- Panzer Urschi sullo scranno più importante dell’Unione Europea.

Una carriera controversa. In Germania, il nomignolo le è stato affibbiato dai detrattori: Urschi è il vezzeggiativo di Ursula, Panzer sono i carriarmati tedeschi, che lei ha acquistato in grande quantità in veste di ministra e che hanno iniziato a incepparsi. Chissà, però, che in Europa questo stesso maligno pseudonimo non acquisti un nuovo significato.

Nel suo discorso per convincere il Parlamento europeo, durato con teutonica precisione i 15 minuti previsti, von der Leyen ha mostrato il suo volto più europeista: «Solo una cosa è importante, l’Europa va rafforzata. Chi la vuole far fiorire mi avrà dalla sua parte, chi vuole indebolirla troverà in me una dura nemica».

L'appoggio dei socialisti. Ben attenta a dosare i messaggi, la politica della Cdu ha concesso tutte le aperture possibili alla componente socialista ( che alla fine ha votato compatta per lei, «Tuttavia, saremo vigili per garantire che lei rispetti gli impegni che ha assunto a seguito della nostra pressione», si legge in una nota del gruppo) e a quella liberale ( Renew Europe l’ha sostenuta, scrivendo che Non vediamo l’ora di lavorare intensamente con lei per far avanzare l’Europa» ), fino all’ultimo prudenti nel convergere sul suo nome ma determinanti nel garantirle una maggioranza filo- europeista. Infine, strizza l’occhio anche ai Verdi, che l’hanno applaudita in più passaggi del suo discorso ma hanno confermato il voto contrario.

Le divisioni italiane. A livello italiano, von der Leyen ha incassato - nel silenzio dei due vicepremier - il placet del presidente Giuseppe Conte, che ha «apprezzato il discorso della candidata. I temi economici, sociali, ambientali evocati così come la lotta ai traffici illeciti lasciano sperare in una Europa finalmente più capace di avere cura del suo futuro e dei bisogni dei cittadini».

A favore hanno votato il Partito democratico e Forza Italia, rispettivamente tra le fila del gruppo socialista e di quello popolare, ma anche il Movimento 5 Stelle, che ha rivendicato di aver strappato alla candidata l’impegno alla realizzazione del salario minimo europeo.

L’avversione più netta alla politica tedesca è arrivata da Fratelli d’Italia mentre la Lega, dopo qualche tentennamento, si è adeguata alla scelta del suo gruppo europeo, l’Id ( Identità e democrazia), e ha votato contro. Proprio questa scelta di voto ha prodotto una replica di von der Leyen: «Herr Meuthen, quando l’ho ascoltata sono rimasta piuttosto sollevata per il fatto di non ricevere alcun voto dalla vostra parte. Perché ogni cosa che lei ha detto va contro i miei valori».

L'omaggio a Simon Veil. Lei, che è diventata la prima donna a capo della Commissione, nella mattinata di ieri ha aperto il suo discorso alla plenaria del Parlamento omaggiando Simone Veil, prima donna presidente del Parlamento europeo: «Quaranta anni dopo, con grande fierezza finalmente è una donna a essere candidata alla presidenza della Commissione».

Il programma. Nella lista delle sue priorità, von der Leyen ha citato la parità di genere e il rispetto dello Stato di diritto, ma soprattutto ha elencato i suoi progetti più concreti: salario minimo europeo, gestione del problema migratorio, rafforzamento delle frontiere esterne dell’Ue.

Strizza l’occhio ai Labour, parlando di volontà di prorogare la Brexit; convince gli italiani, ribadendo che «in mare è un dovere salvare vite. Nei nostri trattati e nelle nostre convenzioni c’è il dovere morale e giuridico di rispettare la dignità di ogni essere umano», anche se «salvare non basta. Dobbiamo ridurre l’immigrazione irregolare, combattere i trafficanti, preservare il diritto di asilo e migliorare la situazione dei rifugiati».

Ai Verdi, invece, promette che nei primi cento giorni di mandato realizzerà un “Green deal” europeo. Sceglie una linea soft anche sul fronte economico, parlando di «economia sociale di mercato», riferendo come «dobbiamo lavorare nell’ambito del patto di stabilità e crescita, per utilizzare tutta la flessibilità permessa dalle regole».

Infine, guarda alle nuove generazioni europee e promette di triplicare il budget dedicato al programma per gli scambi universitari Erasmus. Precisa e concisa, von der Leyen strappa il velo del clichè della teutonica algida, concludendo il discorso con un riferimento personale al padre, Ernst Albrecht, politico della Cdu e a lungo presidente della Bassa Sassonia. «Mio padre aveva 15 anni, quando la guerra che ha portato distruzione in tutto il Continente è finita. Ci ha spesso raccontato, a me e ai miei fratelli, di quel tempo. Soprattutto, ci diceva quanto sia stato importante che gli altri Paesi ci abbiano teso la mano, per riportarci nel circolo dei popoli democratici».

Ha finito citando i suoi sette figli: «Quest’Europa ha influenza, vuole prendersi le sue responsabilità per sé stessa e per il mondo. Non è sempre facile, lo so, può essere doloroso e difficile, ma è il nostro dovere più nobile», «i giovani lo chiedono. I miei figli giustamente dicono “non perdete tempo, fatelo”», ha concluso von der Leyen, strappando la standing ovation dell’Aula, che ha punteggiato di applausi il suo discorso. Ora, per la Frau di ferro, inizia la sfida.