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«Il terremoto non uccide, uccidono piuttosto le opere dell'uomo». Quello di monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, è un monito che riecheggerà per molto tempo. Un monito lanciato da un altare fatto di macerie, in una chiesa a cielo aperto che ha accolto solo 37 delle 291 vittime del sisma della scorsa settimana, i cui nomi sono stati letti tutti, uno per uno, davanti ai parenti e alle istituzioni. Nell'area dell'istituto "Don Minozzi" di Amatrice, dove quel che resta del paese ha voluto i funerali, sotto la pioggia battente, c'erano il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Matteo Renzi, e i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Nessun cordone di sicurezza: erano mischiati alla folla, commosa e dolorante. Ed è a loro, ai rappresentanti delle istituzioni, che Pompili si è rivolto, chiedendo di non abbandonare quei luoghi violentati dal terremoto, per non ucciderli nuovamente. «Non basteranno giorni, ci vorranno anni - ha affermato dal pulpito -. È richiesta la mitezza, che è una forza distante sia dalla muscolare ingenuità di chi promette tutto all'istante sia dall'inerzia rassegnata di chi già si rivolge altrove. È un abbraccio forte e discreto, un impegno a breve, medio e lungo termine. Solo così la ricostruzione non sarà una querelle politica o sciacallaggio di varia natura. Disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta».Rimanere oltre le telecamere, oltre i riflettori, questo l'appello del vescovo. La lettura dell'elenco delle vittime si è mischiata al pianto dei parenti, che accarezavano le foto di chi non c'è più, e si è sciolta nel loro applauso disperato. Tanti cognomi uguali, aggrappati gli uni agli altri, come un rosario, nuclei familiari cancellati, assieme alle loro storie, alle 3.30 del 24 agosto, volate via come i palloncini bianchi al termine delle esequie. Una distruzione richiamata dal quel Cristo senza croce, sospeso sull'altare, e dalla statua della Madonna della neve, appoggiata sui resti delle case distrutte, simboli di un dolore che le parole non sanno raccontare. «Noi rimaniamo qui e dopo la morte risorgeremo», ha detto in