Tutti gli aspiranti leader della sinistra francese non perdono occasione per lanciare urbi et orbi accorati appelli all'unità, ma ognuno di loro non fa altro che seminare discordia e divisioni, ognuno coltiva il suo piccolo orto nella speranza di ritagliarsi un posto al sole per le primarie di gennaio, quelle che sanciranno il candidato per le presidenziali di primavera.Un appuntamento che, al momento, vede la partecipazione di almeno una dozzina, forse più, di potenziali candidati, quasi tutti di orbita socialista (la sinistra radicale di Melenchon non partecipa all'evento), nessuno in grado di spiccare nella mediocrità di una sconfitta che sembra già scritta. Ecco i nomi più noti ufficialmente in lizza o in predicato di farlo: il presidente François Hollande, il premier Emmanuel Valls, il "blairiano" Emmanuel Macron (fuoriuscito dal Ps e ceratore del movimento "En marche"), il repubblicano radicale Arnaud Montebourg, il deputato ed ex ministro Benoît Hamon, la senatrice ed ex ministra Marie-Noëlle Lienemann, l'ex ispettore generale del lavoro Gérard Filoche, gli ecologisti Jean-Luc Bennhamias e François de Rugy, c'è poi chi parla di una ridiscesa in campo di Martine Aubry, chi evoca un ritorno di Ségolène Royal, chi punta sulla ministra Christiane Taubira, arterfice della legge sui matrimoni e le adozioni omosessuali, chi spera nell'irruzione del carismatico Daniel Cohn-Bendit, ma si tratta di suggestioni.Il nodo gordiano da sciogliere è naturalmente la candidatura Hollande: da tempo i suoi più stretti collaboratori sussurrano al presidente più impopolare della Quinta Repubblica di lasciar perdere, di farsi da parte per evitare alla sinistra un ulteriore bagno di sangue e limitare la sconfitta a proporzioni accettabili. Hollande sa bene di non essere amato dai francesi e di non avere praticamente alcuna chance di arrivare al ballottaggio, ma è molto umiliante, quasi un'ammissione di incapacità, per un presidente in carica rinunciare a difendere il proprio mandato. Ciò non toglie che i sondaggi sono impietosi: se si votasse oggi Hollande raccoglierebbe appena il 9% dei consensi, la stessa pecentuale attribuita al premier Valls; cifre da prendere con le molle considerando il pessimo periodo attraversato dai sondaggisti di tutto il pianeta, ma talmente basse da scoraggiare anche il più combattivo dei politici a lanciare qualsiasi guanto di sfida. In realtà nel litigioso mosaico socialista tutti i candidati raccolgono le briciole delle divisioni continue, solo Montebourg (12%) e Macron (15%) superano la soglia poco più che simbolica del 10%, una frammentazione che rende possibile la vittoria di chiunque.Ora che anche i post-gollisti sembrano usciti dalla crisi con il trionfo dell'ultraconservatore François Fillon, la sinistra socialista si specchia nella sua insipienza e nel logorio di cinque anni di governo. Impedire al Front National di Marine Le Pen di sfidare Fillon al secondo turno oggi come oggi sembra una missione impossibile per un partito che ha smarrito da tempo la fiducia dei suoi elettori.