«Il presidente Erdogan è stato rieletto per un altro mandato». Lo riporta con una breaking news la tv di Stato turca, annunciando la vittoria al ballottaggio del presidente in carica sul candidato dell'opposizione, Kemal Kilicdaroglu.

Il presidente uscente della Turchia ha vinto le elezioni presidenziali con il 52,1 per cento delle preferenze al ballottaggio contro lo sfidante che si è fermato al 47,9 per cento dei consensi. Questo risultato sancisce l'inizio del terzo mandato del leader turco, che rimarrà alla guida del Paese fino al 2028. 

Erdogan è al potere in Turchia da vent'anni, prima come premier e poi come presidente della Repubblica. «Vorrei ringraziare tutti i miei colleghi che hanno lavorato con sacrificio ai seggi elettorali fin dalle prime ore del mattino», aveva affermato Erdogan subito dopo la chiusura dei seggi. «Invito tutti i miei fratelli e sorelle a proteggere i seggi fino a quando i risultati non saranno definitivi. È ora di proteggere la volontà della nostra nazione fino all'ultimo momento».

Un Paese spaccato in due con un solo uomo al comando, questo il quadro che emerge dal ballottaggio di oggi, il primo nella storia di un Paese che ancora una volta ha dato fiducia all'uomo che, prima da premier e poi da presidente ha imposto la propria figura. Numeri che lasciano indietro l'indimenticato padre della Turchia laica, secolare e repubblicana, Mustafa Kemal Ataturk. Un sorpasso di cui il popolo turco è consapevole e proprio per questo la fiducia riposta nel presidente in carica assume un valore ancora maggiore. Eppure Erdogan fino alle elezioni del 2015 ha governato da solo con il suo partito Akp, da allora in poi in coalizione e fino a oggi ha continuato a perdere consenso, senza tuttavia che questa perdita fosse sufficiente a porre fine al suo impero. La fiducia in Erdogan, il timore di metà della popolazione di ritrovarsi senza una guida in un Paese in perenne emergenza sono state le chiavi della vittoria, ieri e oggi. Fiducia e timore che hanno prevalso al fotofinish sulla voglia di cambiamento di cui si è fatto carico Kilicdaroglu, a cui non sono bastati l'inflazione, l'economia a pezzi e la carta nazionalista e anti migranti per detronizzare un leader che, nel bene e nel male, ha segnato per sempre la storia di questo Paese. Anche la crisi economica, la perdita di valore della lira turca, il caro vita, problemi arrivati alla pancia del Paese si sono tramutati in una perdita di voti non sufficiente a farlo perdere, perché nella maggior parte della popolazione e' rimasta forte la percezione che nessuno meglio di lui possa risolvere i problemi. Al termine di una campagna elettorale di basso profilo, caratterizzata da un inaspettato equilibrio nei manifesti e nello spreco di volantini Erdogan si riconferma nel nome della continuità.