Un goal, l'esultanza e poi l'esibizione di una mano fasciata con la scritta 100 giorni. 07/ 10'  Ad attendere l'autore della rete, il calciatore israeliano che gioca in Turchia, Sagiv Jehezkel, non c'erano i complimenti e le cronache entusiaste della sua azione, come in qualsiasi altra parte del mondo dove il calcio è seguitissimo, bensì agenti di polizia e il pericolo di finire in carcere.

L'episodio dà il segno dello scontro che ormai ha travalicato i confini di Gaza per coinvolgere altre nazioni e toccare anche contesti apparentemente neutri. In realtà il calcio soprattutto negli ultimi anni è sempre più diventato un veicolo per diffondere messaggi e campagne come quelle contro il razzismo o le prese di posizione di singoli atleti, spesso sono scoppiate polemiche senza conseguenze, questa volta e diverso.

In pericolo c'è la libertà di Jehezkel che ieri mattina è stato rilasciato su ordine di un tribunale ma soltanto perché in attesa di processo. I pubblici ministeri turchi infatti hanno avviato un'indagine con l'accusa di «incitamento all'odio e all'ostilità» per il suo gesto. La scritta, insieme al disegno di una Stella di David, esibita dopo aver segnato un gol per l'Antalyaspor contro il Trabzonspor durante una partita di domenica scorsa, è stata vista dalle autorità turche come un sostegno al massacro in corso a Gaza. Jehezkel è stato dunque immediatamente convocato per un interrogatorio e accusato formalmente come ha poi conferma il ministro della Giustizia turco Yilmaz Tunc.

In un post su X, Tunc ha detto anche che Jehezkel si era reso protagonista di un «un brutto gesto a sostegno del massacro israeliano a Gaza». E ha poi aggiunto «Continueremo a sostenere i palestinesi oppressi», denunciando quello che ha descritto come un genocidio. La NTV ha riferito che un aereo privato è stato inviato da Israele lunedì per prelevare Jehezkel e la sua famiglia in modo che potessero tornare a casa. Il calciatore si è difeso di fronte alle autorità giudiziarie affermando che «non intendeva provocare nessuno». L'agenzia di stampa locale DHA, ha riportato le parole di Jehezkel il quale voleva solo lanciare un messaggio per la fine del conflitto. «Non sono una persona a favore della guerra... ci sono soldati israeliani catturati a Gaza. Sono una persona che crede che questo periodo di 100 giorni debba finire ora. Voglio che la guerra finisca». Anzi il suo desiderio era diretto solamente verso la conclusione della prigionia e la liberazione dei 132 ostaggi ancora in mano ad Hamas.

Oltre all’incriminazione il calciatore ha probabilmente concluso anche la sua carriera in Turchia, dopo la partita, Antalyaspor ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava che Jehezkel aveva «agito contro i valori nazionali del nostro paese» e che sarebbe stato «escluso dalla squadra». Anche la Federcalcio turca ( TFF) si e espressa duramente: «Condanniamo il comportamento completamente inaccettabile del calciatore Sagiv Jehezkel durante la partita tra Antalyaspor e Trabzonspor giocata oggi (...) e trova appropriata la decisione dell'Antalyaspor di escludere il giocatore dalla sua squadra».

Il caso dunque ha assunto un valore politico molto più grande, dall'inizio della guerra il presidente turco Tayyip Erdogan, ha ripetutamente descritto Israele come uno stato terrorista e Hamas come un gruppo di liberatori. Chiaramente la reazione dello stato ebraico non si è fatta attendere. Il ministro della Difesa Yadav Gallant ha ricordato che Israele ha sostenuto la Turchia in occasione del disastroso sisma dello scorso anno, accusando la Turchia di «un'espressione di ipocrisia» e che nelle «sue azioni, funge da braccio esecutivo di Hamas». Anche l'ex primo ministro israeliano Naftali Bennett ha definito la condotta del governo turco come vergognosa.

La vicenda ora potrebbe riservare anche ulteriori sviluppi, come dimostra un altro episodio. Il Basaksehir, squadra della massima serie di Istanbul, ha fatto sapere che stava avviando un'indagine disciplinare su un altro giocatore israeliano, Eden Karzev, per aver pubblicato un messaggio sui social media relativo agli ostaggi, che recitava: «Portateli a casa» .