Da sempre la Georgia è terra di contrasti. Nel più grande stato degli USA ad est del Mississippi non c'è solo una profonda differenza tra la modernissima e caotica Atlanta e la costa sonnolenta e conservatrice di Savannah, ma ci sono mondi e mentalità che si scontrano. E' stata la terra delle marce contro la segregazione razziale di Martin Luther King ma anche delle croci fiammeggianti del Ku Klux Klan che da qui all'Alabama hanno illuminato le notti razziste fino agli epigoni degli anni '60. Oggi c'è una Georgia progressista nelle città del nord e una mentalità conservatrice nelle campagne e sulla costa per uno Stato che da sempre è in bilico anche per i voti alla presidenza, un indicatore di tendenza che non va sottovalutato.Un buon posto per cercare di capire non solo la Georgia ma più in generale l'America è il curioso ristorante di Mrs. Wilkes a Savannah, famoso perché serve solo il pranzo e senza prenotazioni, si fa la coda e al suono di una campanella alle 12.30 precise si accede alla sala dove si è sistemati in tavolate da dieci persone secondo l'ordine di ingresso (e di coda: qualcuno aspetta per ore). Quando il locale è pieno occorre rassegnarsi e tentare solo l'indomani. Oppure restare fuori a guardare come sulle tavole si ribaltano decine di assaggi della pingue e forte cucina del Sud as you can eat (mangia quanto vuoi).Mi assegnano a un tavolo tra una famiglia nera di Florence che tra genitori e due figli deve abbondantemente superare i quattro quintali, mentre alla mia destra tocca al dott. Mike Swartzlander e signora, di Chicago, Illinois. Famiglia americana da tre generazioni ma di inequivocabili discendenze tedesche, già dirigente di una multinazionale, che - da poco in pensione - è in tour negli stati del Sud.Mike ha girato il mondo, conosce l'Europa e un poco anche l'Italia. È repubblicano e laico, si fa la birra in casa e mentre la famiglia di Mr Johan Houpper, venditrice di auto Nissan, pare soprattutto intenzionata a vuotare piatti, entrambi sono aperti alla discussione e - dopo i convenevoli d'uso - presto si apre anche il confronto.Per Mike «in Europa non capite come sia diversa "questa" America da quella di dieci anni fa. Trump non è una meteora ma incarna un sentimento diffuso. Dicono che vincerà la Clinton, ma sicuramente non è amata e - sorpresa - secondo me a votare Trump non saranno solo degli ignoranti ma anche tanti borghesi democratici che sono preoccupati e delusi». Mike è un fiume in piena e chiarisce che secondo lui l'80% degli americani condivide buona parte del programma del candidato repubblicano sull'immigrazione che lui personalmente invece non approva, ma alla fine «è una scelta di rottura, non conformista, e soprattutto la gente, neri compresi, è insoddisfatta di Obama su cui aveva puntato molte speranze».Interviene Mr. Johan sottolineando che Obama è stato troppo frenato dal Congresso in mano repubblicana, ma condivide il sentimento che si va archiviando un doppio mandato senza storia. Ci sono punti di contatto: entrambi ritengono sbagliata la riforma sanitaria ma soprattutto sostengono che «l'America del dopo 11 settembre era unita, oggi è litigiosa e impaurita, teme di essere sommersa e non si sente più sicura e questo non tanto in termini di difesa personale ma di comunità. Per questo sta diventando isolazionista e chiusa». Per Mike «Hillary Clinton è sicuramente più affidabile e dà senso di continuità, ma Obama non è stato un modernizzatore, e quando Trump dice ai neri "Votatemi, cosa avete da perdere? " coglie nel segno». Johan (che è di colore) ritiene che «parecchi non lo voteranno, ma molti non voteranno neppure la Clinton e alla fine per vincere le elezioni conterà molto l'affluenza alle urne».Si torna sul problema delle armi e sulla situazione economica e fiscale.Secondo Mike «nessun presidente di nessun partito otterrà mai un voto del Congresso per una forte riduzione delle armi in circolazione. Quasi tutti i massacri sono stati compiuti da persone che quelle armi non dovevano averle già con le leggi attuali, quindi semmai vanno solo intensificati i controlli preventivi». Johan sembra annuire ma torna sul discorso economico e la sensazione di insicurezza: «La gente - spiega - è stata scottata dalla crisi del mutui, in tanti hanno rischiato di rimetterci la casa, adesso c'è più tranquillità ma troppi clandestini stanno rovinando il Paese. Un freno ci vuole, e poi il carico fiscale è troppo forte per la gente comune».In tavola arrivano dessert che sembrano sublimazioni glicemiche mentre il chiasso alle tavolate - nonostante le bevande rigorosamente analcoliche - arriva a coprire le voci.Pronostici sul vincitore? Johan non si esprime, Mike è un repubblicano critico su Trump (ma lo voterà). Entrambi sottolineano che metà americani non vota e se Trump ne facesse votare un 10% che di solito si astiene può vincere, mentre l'ultima battuta è sulla Clinton che ad entrambi non piace troppo. «Sarebbe la prima donna presidente, è vero, ma non la prima Clinton alla Casa Bianca e lui non ha lasciato un gran ricordo. Poi la famiglia è chiacchierata non solo per le mail nascoste e gli affari in Arkansas, ma per chi hanno dietro tra multinazionali e grande finanza, che non sono un bene per la gente».Mancano due mesi al voto, il confronto è aperto e non sarà un pareggio come il conto che da Mrs. Wlikes è uguale per tutti: 24 dollari e 50, i bambini under 12 pagano la metà, la mancia per il servizio è a discrezione ma non sia mai meno del 15% e - per non sbagliare - sullo scontrino te lo scrivono pure.