«Il caso presenta una questione fondamentale nel cuore della nostra democrazia: se un ex presidente è assolutamente immune da procedimenti giudiziari federali per crimini commessi mentre era in carica o è costituzionalmente protetto da procedimenti giudiziari federali». La questione è posta dal consigliere speciale, Jack Smith, che ha condotto le indagini contro Donald Trump, in relazione alle vicende che risalgono al 2020, quando secondo l'accusa il tycoon tentò di rovesciare illegalmente il risultato delle elezioni presidenziali che portarono Joe Biden alla Casa Bianca.

E chi dovrà dirimere questa spinosissima quanto fondamentale diatriba, non solo legale, sarà la Corte Suprema. Il massimo grado delle corti federali degli Stati Uniti. La storia giudiziaria di Trump dunque travalica le semplici aule di tribunale per divenire oggetto di una contesa costituzionale.

È stato lo stesso Smith a rivolgersi alla massima corte americana che quindi si pronuncerà se Donald Trump può essere perseguito per i crimini che avrebbe commesso mentre era ancora il massimo rappresentante degli Stati Uniti. Tutto è partito dalla richiesta dei legali della difesa che hanno sostenuto che gli ex presidenti non possono affrontare accuse penali per condotta legata alle loro vecchie funzioni. In pratica una presunta immunità concessa dal ruolo ricoperto.

Tale argomentazione, tuttavia, è stata già respinta da un giudice di una corte di rango inferiore, all'inizio di questo mese, il quale ha stabilito che il caso poteva andare avanti come previsto. A seguito di ciò Trump ha annunciato che avrebbe fatto appello contro la decisione. Jack Smith ha chiesto un rapido responso da parte della Corte Suprema che ha accettato di prendere in considerazione la sua richiesta ma, al momento, i giudici non hanno stabilito una data per la sentenza e su come si sarebbero pronunciati.

La palla passerà entro il 20 dicembre anche al team legale di Trump che deve presentare una risposta per quella data. In realtà la richiesta diretta di Smith alla più alta corte americana è un caso abbastanza raro ed è stato, presumibilmente, un tentativo di scavalcare del tutto i tribunali inferiori ed evitare così qualsiasi ritardo alla data prevista per il processo del 4 marzo. Un'eventualità che non è certo sfuggita alla campagna di Trump che ha accusato Smith di aver tentato «un'Ave Maria correndo alla Corte Suprema e tentando di aggirare il processo d'appello». Secondo l'entourage del tycoon non c'è assolutamente alcun motivo per affrettare quella che viene definita una farsa di processo, se non l'intento di ferire l'ex presidente e «decine di milioni di suoi sostenitori»

Se l'appello di Trump ritarda il processo oltre le elezioni del novembre 2024, si potrebbe verificare la possibilità che l'ex presidente possa tornare alla Casa Bianca prima che il suo caso sia completamente risolto. Ciò porterebbe a una nuova serie di complicazioni legali. Da qui l'urgenza di risolvere il caso A sole cinque settimane dall'inizio delle votazioni per le primarie repubblicane del 2024, Trump è attualmente in vantaggio sui suoi rivali per la nomination del partito così come altre rilevazioni lo darebbero anche favorito in un eventuale testa a testa con Biden, un elemento che i suoi spin doctor useranno a piene mani consegnando a Trump il ruolo della vittima.

L'ex presidente però sta anche affrontando altre cause legali, tra cui una seconda, intentata da Smith, che lo accusa di aver gestito male il materiale classificato dopo aver lasciato l'incarico. Se Trump riconquistasse la Casa Bianca, sarebbe probabilmente in grado di perdonare se stesso nei casi portati avanti dal consigliere speciale e potrebbe sospendere due procedimenti penali statali contro di lui.

Certo pare difficile che possa sfuggire a tempo indeterminato ai quattro capi d'accusa, tra cui cospirazione. Il caso dove viene accusato di sovvertire elezioni, infatti, si è mosso più velocemente degli altri quattro procedimenti e sembra probabile che sia il primo che si concretizzerà in un processo.