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KIEV, HOTEL COLPITO DALL' ATTACCO MISSILISTICO RUSSO
Secondo un’analisi del The Economist, il sostegno economico all’Ucraina non dovrebbe essere percepito come un sacrificio, ma come un investimento strategico per l’autonomia dell’Europa. Il settimanale britannico lancia l’allarme: Kiev rischia di restare senza liquidità entro fine febbraio, a causa del blocco dei fondi statunitensi deciso dal presidente Donald Trump e della crisi di un’economia fiaccata da quasi quattro anni di guerra.
Per Londra, l’Unione Europea è l’unica ancora di salvezza, ma appare ancora divisa sulle modalità di intervento. Il Belgio frena sull’uso dei 163 miliardi di euro di asset russi congelati; i Paesi del Nord temono nuove emissioni di eurobond; la Francia, invece, non vuole che i fondi europei vengano utilizzati per acquistare armi statunitensi.
L’editoriale del settimanale britannico sottolinea che l’Europa deve cogliere l’occasione per rafforzare la propria indipendenza militare e finanziaria dagli Stati Uniti, pianificando forniture e aiuti su base pluriennale. Una programmazione stabile, spiega, consentirebbe all’industria europea della difesa di espandersi e consolidarsi, trasformando la crisi ucraina in un volano di crescita e innovazione strategica.
The Economist quantifica l’obiettivo in 390 miliardi di dollari in quattro anni, pari a circa 335 miliardi di euro: una cifra che rappresenta solo lo 0,4% del PIL annuo dei Paesi europei della Nato. Un impegno “assolutamente sostenibile”, scrive il giornale, se confrontato con i costi di un’Ucraina instabile e sconfitta, che metterebbe a rischio la sicurezza e i mercati del continente.
«L’Europa è più forte della Russia»
Per il settimanale, il vero nodo è politico e culturale: l’Europa deve credere nella propria forza. Il suo bilancio militare è quattro volte superiore a quello russo e la sua economia dieci volte più grande. “Invece di temere una sfida finanziaria con il Cremlino, dovrebbe abbracciarla. E vincerla”, conclude l’editoriale, invitando Bruxelles a trasformare il sostegno a Kiev in un progetto di emancipazione geopolitica dall’ombrello americano.


