L’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, è attualmente presidente del Global Committee for the Rule of Law, organismo internazionale che promuove la conoscenza degli obblighi sui diritti umani. L’ambasciatore negli ultimi mesi ha seguito con grande attenzione i negoziati sul nucleare tra Stati Uniti ed Iran.Si apre finalmente una nuova fase con Teheran? L’accordo non offre garanzie né rende più concrete e realistiche le nostre aspettative di un “nuovo Iran”. Si tratta di un grande Paese, con una popolazione giovane,  istruita e dinamica, ricco di una cultura millenaria, legato all’Italia da centoquarant’anni di relazioni diplomatiche, con una società civile che dal secondo dopoguerra ha intensificato i rapporti culturali, economici, umani e famigliari con noi italiani. Per tutti questi motivi delude constatare, ricorrendo in questi giorni il terzo anniversario della Presidenza Rohani, che il sistema di potere e i comportamenti del regime teocratico restano assai meno riformisti di quanto voglia far credere la narrativa diffusa in Occidente.Lei è stato nominato di recente presidente del Global Committee for the Rule of Law. Di cosa si occupa questo organismo?Essenzialmente il comitato, al quale hanno già aderito personalità internazionali di alto profilo, intende promuovere una piena comprensione degli obblighi che le norme internazionali e interne sui diritti umani impongono agli Stati. Sono stato coinvolto da molto tempo nell’azione internazionale del nostro Paese in sostegno dello Stato di Diritto. È stato un onore, e un’emozione, quando Marco Pannella, poche settimane prima di lasciarci, mi ha chiesto di presiedere e di promuovere con lui il comitato. Sono stati fatti primi passi alle Nazioni Unite con un’importante presentazione un mese fa al Palais des Nations a Ginevra, sede del Consiglio per i Diritti Umani.Con il rientro in Italia del fuciliere di Marina Salvatore Girone sembra avvicinarsi la parola fine sulla vicenda Marò. Una parte dell’opinione pubblica li ha spesso definiti degli “eroi”. È d’accordo con questa definizione?  Sono molto lieto, dopo l’ulteriore proroga del "permesso" per motivi di salute riconosciuta a Massimiliano Latorre da parte indiana. Ero tra quanti auspicavano che l’occasione del 2 Giugno desse finalmente modo al governo di esprimersi con chiarezza sull’aspetto che è assolutamente centrale di questa assurda, infinita, vicenda. Latorre e Girone non c’entrano niente con la morte dei due poveri pescatori indiani. I marò sono due valorosi uomini delle nostre forze armate che stavano facendo il loro dovere quando la Lexie si è sentita minacciata da un’imbarcazione che stava per intercettarla.Lei si è sempre battuto per fare chiarezza su quanto accaduto nel febbraio 2012 e ha sempre creduto nell’innocenza dei Marò…L’incidente in cui è stata coinvolta la petroliera italiana è avvenuto a decine di miglia e a diverse ore di distanza da quello che ha causato le due vittime. La stessa autopsia ha rilevato proiettili di calibro diverso da quello in dotazione al nucleo di protezione Armata sulla Lexie. Questi e altri particolari sono stati dimostrati dalla documentazione che l’India ha dovuto presentare alla Corte Arbitrale delle Nazioni Unite.Quali responsabilità hanno avuto i governi Letta e quello attuale nella gestione della vicenda dei due fucilieri?Dopo due anni di colpevoli ritardi e incertezze, che hanno interessato anche il periodo in cui Enrico Letta è stato a Palazzo Chigi, il governo è stato indotto “a furor di popolo” a riattivare il percorso dell’internazionalizzazione e dell’Arbitrato. Questa strada è stata avviata a inizio marzo 2013 dal governo Monti, salvo poi effettuare la vergognosa giravolta tradottasi nel rinvio in India di Latorre e Girone, nonostante la mia posizione nettamente contraria.Le responsabilità più gravi nascono proprio durante l’esecutivo dal quale lei si dimise…L’inversione di rotta della Lexie verso le acque territoriali indiane, dichiarava l’allora ministro della Difesa Di Paola, rispondendo nell’ottobre 2012 a un’interrogazione del Senatore Gramazio, fu autorizzata dallo stesso ministero italiano per l’asserita necessità di cooperare con l’India nelle operazioni antipirateria, non ravvisandosi in quel momento il sospetto che si trattasse di una trappola. Una volta attraccato al porto di Kochi, il comandante Vitelli venne informato dell’indagine sulla morte di due pescatori, nonostante l’India non avesse, ai sensi della Convenzione sul Diritto del Mare ratificata da entrambi i Paesi, alcun titolo per giudicare un incidente avvenuto in acque internazionali. Iniziano qui le vicissitudini di Latorre e Girone.I rapporti tra Italia e India potranno normalizzarsi?Credo che non possa avvenire senza un onesto chiarimento degli interessi nascosti che si sono voluti coprire da una parte e dall’altra. La commissione parlamentare d’inchiesta, che in molti invochiamo da ben tre anni, serve appunto a questo.