A prima vista Stefanos Kasselakis è un prodotto della Grecia post austerity ma anche un oggetto indecifrabile, una dissonanza cognitiva della politica ellenica, come del resto lo è stata la sua traiettoria esistenziale: da ex broker nella banca d’affari Usa Goldman Sachs e imprenditore navale a leader della sinistra radicale.

Fino al mese scorso fa era considerato un outsider di belle speranze e la sua scalata a Syriza sembrava poco più di un sogno nel cassetto. E invece, contro tutti i pronostici, Kasselakis ha vinto le primarie ottenendo il 56,6% dei consensi e prendendosi in mano il partito di Alexis Tsipras grazie a una campagna elettorale “post- moderna”, tutta giocata sui social e sulla comunicazione sintetica dei nuovi media. Si è presentato come un corpo del tutto estraneo alla cosiddetta “casta”: «È ora di finirla con le dinastie politiche!», è stato lo slogan più ripetuto accompagnato dalla retorica del self made man. Ma Kasselakis non ha tutti i torti, la Grecia dei Papandeou, dei Karamanlis e dello stesso primo ministro conservatore Kyriakos Mitsotakis vive da sempre di familismo politico e il mancato ricambio delle classi dirigenti è una cifra costante di generazione in generazione: in questo mondo sclerotizzato e autoreferenziale, Kasselakis è piombato come un alieno.

A votarlo sono stati soprattutto i giovani che nelle ultime settimane si sono iscritti a migliaia per poter scegliere il loro candidato in lizza con l’ex ministra del lavoro Effie Achtsioglou che rappresentava la continuità con la gestione Tsipras. Le ultime severe sconfitte alle legislative contro la destra di Nuova Democrazia ( Syriza è stata distanziata di venti punti) e il desiderio di trovare, dopo 14 anni di presidenza Tsipras, un leader mediatico e carismatico per contrastare il regno tranquillo di Mitsotakis hanno sospinto Kasselakis nella sua breve e trionfale marcia delle primarie ( si è presentato ufficialmente appena lo scorso 29 agosto).

Trentacinque anni, bello come un attore di Hollywood, maniche di camicia perennemente arrotolate, Kasselakis è omosessuale e in un video di campagna si è presentato accanto al marito Tyler McBeth, americano e infermiere in un pronto soccorso. Ha convinto gli elettori di sinistra ( ma non solo) proponendo riforme innovative per una società ancora gelosamente aggrappata ai suoi tabù: l’abolizione del servizio militare obbligatorio, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e una legge che sancisca la separazione tra Stato e chiesa. A sinistra molti però storcono il naso: «Non abbiamo bisogno di un messia o di un personaggio da Istagram» aveva ringhiato alla vigilia delle primarie Nikos Filis, dirigente di Syriza.

Altri ricordano i suoi trascorsi a Goldman Sachs anche durante il periodo dell’austerità che quasi distrusse il Paese terremotando l’intera eurozona, un po’ come il presidente francese Emmanuel Macron che prima di entrare in politica si era “fatto le ossa” nella banca Rotschild, un prototipo di leader tipico della crisi dei partiti della sinistra storica. «È vero ho lavorato cinque anni per loro se non lo avessi fatto non avrei toccato con mano l’arroganza del capitale e oggi non sarei di sinistra», replica con abilità ai detrattori dimostrando di avere la risposta pronta e la leggerezza necessaria per non farsi irretire dal dibattito stantio.

Battere Nuova democrazia del premier Mistotakis non sarà però affatto facile perché bisognerà confrontarsi sui dossier concreti. Il governo di centrodestra può infatti vantare ottimi risultati a cominciare dalla crescita economica, oggi oltre il doppio della media europea, il contenimento dello spread ( più basso di quello italiano), la riduzione generalizzata delle tasse, l’aumento del salario minimo a 780 euro con la promessa di portarlo a 950, la riforma della burocrazia, il ritorno dei grandi investitori stranieri come Pfizer e Microsoft, i voti positivi delle agenzie di rating e la nuova esplosione del turismo nell’era post- covid con dieci milioni di arrivi e 21 miliardi di entrate. Le banche, da parte loro, hanno ripreso a prestare denaro agli imprenditori, concedendo fidi impensabili fino a pochi anni fa. Rimane alta la disoccupazione (11,5%) e tra i più alti del pianeta il debito pubblico (166%).