Un “uno due” sovranista all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York. In sequenza sono intervenuti il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e poi quello brasiliano Jair Bolsonaro. Personaggi contraddittori al centro di attacchi, polemiche e comportamenti non certo politically correct. Il tycoon non ha smentito se stesso e sebbene, come riportano le cronache, sembrasse meno grintoso del solito, ha sfoderato l’armamentario della retorica populista. Aprendo il suo discorso infatti non ha mancato di sottolineare come questa sia l’epoca dei sovranisti contrapponendoli ai cosiddetti “globalisti”, definiti dei perdenti senza futuro. Ma a creare sconcerto sono le parole di Bolsonaro che ha nettamente dichiarato: «L’Amazzonia non è patrimonio dell’umanità» per poi continuare: «È un errore confermato dagli scienziati dire che le nostre foreste sono i polmoni del mondo».

La colpa delle critiche piovute addosso al suo operato sarebbe dunque dei solo media internazionali, una teoria del complotto secondo la quale. Chi confuta questa tesi è un colonialista. Infatti secondo Bolsonaro «L'Amazzonia è un patrimonio ma alcuni paesi invece di aiutarci a preservarlo, con spirito coloniale mettono in discussione la nostra sovranità. Attacchi sensazionalistici come quelli dei media internazionali hanno sollevato la nostra suscettibilità. In ogni battaglia, inclusa quella per la protezione dell'Amazzonia deve prevalere il rispetto per la libertà e la sovranità di ognuno di noi». Per Bolsonaro il Brasile sarebbe un campione dello sviluppo sostenibile dove gli indigeni che popolano la foresta amazzonica «puntano allo sviluppo, per poter essere liberati dalle catene».