«Le ho chiesto se era davvero convinta. Le ho chiesto “ti sto costringendo in qualche modo?”». Federica sta parlando di Olena, la donna ucraina che ha portato avanti la gravidanza per lei e per il marito. Federica ha la sindrome di Rokitansky e non ha l’utero, quindi da quando era adolescente sa che non avrebbe potuto portare avanti una gravidanza e aveva cominciato a pensare alla maternità surrogata. Forse in futuro il trapianto di utero e l’utero artificiale saranno davvero un’alternativa per chi non può o non vuole una gestazione.

Giovedì è cominciata la discussione su una delle proposte più discutibili degli ultimi anni: il reato universale per la maternità surrogata. Con una idea ferocemente paternalistica (per il bene di tutte voi, donne, vi vietiamo di scegliere) e molta confusione rispetto a come una norma penale andrebbe scritta. A cominciare dalla sua giustificazione, cioè la presenza di un danno per qualcuno. In questa storia, per esempio, chi sarebbe stato danneggiato?

«Ci sono delle cliniche che non mi convincono», mi dice Federica, «e nel mondo ci saranno dei casi di sfruttamento, come in tutti gli altri casi, ma abbiamo controllato che in ogni momento le procedure fossero chiare e la scelta di Olena libera. Poi tutti noi lavoriamo per i soldi, e non possiamo parlarne in modo negativo solo per la surrogata». Come possiamo ridurre questi sfruttamenti? «Regolamentando e non di certo con un divieto. Perché con i divieti le persone continueranno ad andare in paesi dove parlano un’altra lingua e ci sono altre regole e dove non puoi essere sicuro di non fare del male a nessuno. Non potevamo evitare tutti gli abusi del mondo, ma controllare che nel nostro caso non ci fossero. Se lo avessimo potuto fare in Italia sarebbe stato più semplice anche controllare».

Ecco perché Federica e il marito hanno escluso la Grecia, perché la clinica era bella ma la legislazione non li ha persuasi. Gli Stati Uniti e il Canada erano troppo lontani e volevano avere la possibilità di essere più vicini possibile alla gestante e quindi sono andati in Ucraina. «Mi sono assicurata che non ledessimo i diritti di nessuno, abbiamo voluto conoscere Olena, le avevo scritto una lettera prima di incontrarla in cui dicevo che doveva assicurarmi che nessuno l’avesse costretta, che aveva scelto lei liberamente. La sua risposta mi ha sorpreso. Mi ha sempre detto “tu ti preoccupi troppo, io ho scelto. E per la seconda volta, è stato bello, è stato diverso dalle mie gravidanze, so benissimo quello che sto facendo e l’ho scelto io”». Insomma uno scenario molto diverso dalla descrizione delle donne sfruttate e alle quali viene strappato dal grembo il loro figlio (mi limito a sintetizzare le impeccabili fallacie che non diventano giuste perché vengono ripetute abbastanza volte).

Olena ha due figli e dice di aver scelto, possiamo davvero sostenere il contrario? Chiedo a Federica se ha avuto paura nei mesi di attesa. «Avevo dei pensieri ma non che Olena cambiasse idea. Aveva già i suoi figli e non avrebbe voluto crescere il nostro. Ho avuto ogni tanto paura di non capire bene, mi sono addormentata prima che mi prelevassero gli ovociti e intorno a me parlavano in una lingua che non capivo». Sono state le circostanze esterne a complicare tutto. Prima il Covid e poi la guerra. «Quando è scoppiata la guerra ci sono stati momenti di difficoltà, alcune cliniche hanno chiuso e le gestanti e le famiglie che non si conoscevano avevano perso il tramite. Spero che si siano tutti ricongiunti». Queste difficoltà non c’entrano nulla con la surrogata, sarebbe potuto succedere per una famiglia in attesa di figli adottati o figli lasciati agli zii. Mi chiedo che effetto fa ascoltare tutte le sciocchezze di queste settimane, sentirsi descritti come due rei e con un bambino che è figlio di un reato – a proposito della volontà di proteggere i bambini. «Non si possono controllare tutte le nascite, e allora controllano quelli che hanno problemi di sterilità, come se fosse una colpa o un difetto morale. Si suppone che l’unica possibilità sia l’adozione, tutto il resto è orrore».

Però l’adozione è una cosa diversa. «Quante volte ho sento ripetere “perché non adotti?”. L’adozione, come tutte le altre scelte riproduttive, non è giusta per tutti, ognuno deve scegliere consapevolmente quello che sente più adatto per sé. Oggi per me non sarebbe stata la scelta giusta, ma ho sempre sognato un figlio con la surrogata e uno adottato, e forse in futuro ci penserò. E poi i bambini adottabili non sono scarti per i genitori sterili». Le obiezioni, fragili e incoerenti, sono sempre le stesse da anni. «È come per le puntate di Beautiful, potrei dirti tutto quello che diranno». Poi Federica mi fa una domanda cui dovrebbero rispondere i sostenitori del reato universale. «Se è possibile donare un rene perché non la gestazione (che è una donazione temporanea)?».

Infine, come raccontare? «Come una storia, come la ricerca di una soluzione. Gli racconteremo di Olena, che ogni mese ci fa gli auguri nel giorno della sua nascita, gli racconteremo come è nato e che lui è figlio nostro perché lo stiamo crescendo noi. Gli racconteremo che Olena, in uno dei tanti messaggi che ci siamo mandate su WhatsApp da quando ci conosciamo, mi ha scritto “la mia vita non è vana anche perché ho fatto nascere tuo figlio”». Forse nei prossimi anni cambierà il modo di parlare della surrogata com’è cambiato il modo di parlare delle tecniche riproduttive dopo l’iniziale scandalo causato dalla nascita di Louise Brown nel 1978. Oppure il mio è solo ottimismo e continueremo ad ascoltare sciocchezze paternalistiche e argomenti molto confusi e sbagliati.