Bisogna decongestionare le carceri per evitare che l’epidemia possa esplodere e non essere più gestita. Diversi sono i casi di contagio all’interno dei penitenziari che coinvolgono i detenuti, gli agenti penitenziari e il personale sanitario. Si lamenta da più parti – soprattutto dai sindacati di categoria – la mancata effettuazione di tamponi faringei a tutto il personale che, a vario titolo, accede negli Istituti. Purtroppo già sono due gli agenti penitenziari morti ai quali si aggiunge il detenuto del carcere di Bologna che aveva 76 anni e tante patologie: per lui il coronavirus è stato fatale.

La situazione nel carcere di Parma, tra gli altri, è complicatissima, proprio per la presenza di un numero enorme di detenuti anziani e con patologie anche gravi. Ad oggi si registrano almeno 6 agenti affetti dal covid- 19 ( uno è ricoverato), oltre al fatto che una intera sezione è stata messa in quarantena per via di un detenuto – poi risultato negativo - che presentava sintomi riconducibili al virus. Ma di questo e altro ancora ne parliamo con Roberto Cavalieri, il garante dei diritti dei detenuti di Parma.

Lei è preoccupato della gestione dell’emergenza al carcere di Parma?

Parma è una delle città al centro della emergenza. Al momento abbiamo avuto 610 casi di persone positive solo a Parma e 400 decessi tra città e provincia, come non essere preoccupato? È tutto chiuso da molti giorni e in strada non circola praticamente nessuno. Alla periferia nord si trova il carcere con 650 detenuti e 350 uomini e donne della polizia penitenziaria, ai quali si aggiunge il personale dell’amministrazione penitenziaria e quello medico e infermieristico dell’Ausl di Parma. Facendo i conti si arriva a 1000 persone. La preoccupazione è quindi motivata. Il contagio in carcere si è già manifestato, per ora solo tra il personale di Polizia. Ma il carcere di Parma è da equiparare a un centro residenziale per anziani se si conta che sono presenti oltre 100 detenuti ultra sessantacinquenni e che nel reparto 41bis l’età media è di 63 anni. Quello che stupisce è che l’amministrazione penitenziaria sembra pensare che il carcere viva sotto una campana di vetro, isolata ed impermeabile. La Direzione ha gestito l’emergenza con i mezzi che aveva e ha ovvero pochi.

Le risulta che c’è un ritardo nell’effettuare i tamponi al personale penitenziario?

La questione dei tamponi è, purtroppo, fondamentale, ma c’è da considerare che le autorità sanitarie sono in difficoltà per l’ampiezza del contagio e che i protocolli attivati devono fare i conti con i mezzi esistenti. Prima del tampone però avrei preferito vedere l’attivazione di strategie deflattive certo più convincenti, avrei preferito sapere con la magistratura di sorveglianza aprisse un tavolo di confronto continuo con il carcere e gli avvocati per accelerare le pratiche si accesso all’esterno che il Decreto concede, ma anche qui la velocità con la quale si prendono decisioni è decisamente lenta. Un mese fa ho avuto modo di dire che per l’emergenza Covid 19 in carcere i magistrati avrebbero dovuto lavorare come medici e infermieri senza pausa e in un clima di assoluta emergenza ma così non è stato e credo che non sarà.

Sono in arrivo nel frattempo circa cento detenuti del carcere di Bologna. La Ausl locale è d’accordo?

Guardi mentre a Parma ogni sera si contavano i numeri dei morti e dei contagiati, le strade i svuotavano e la paura cresceva i trasferimenti di detenuti e di persone arrestate verso il carcere non ha avuto sosta. A Piacenza c’era il finimondo? Le persone arrestate venivano condotte nel carcere di Parma. A Modena, Reggio Emilia e Bologna ci sono rivolte? I detenuti, e tra loro i promotori delle rivolte, trasferiti a Parma. Ne sono arrivati una ventina di detenuti. Ora il Provveditorato e il Dap da due settimane assieme spingono per trasferire prima 100, ora invece 50 detenuti a Parma ai quali assicurare l’assistenza sanitaria con medici e infermieri dell’esercito. La locale Ausl si è prima opposta, poi ha assicurato un sostegno parziale e temporaneo. L’obiettivo del Dap è quello di aprire il nuovo padiglione. Una idea assurda se si pensa che quel padiglione potrebbe essere utilizzato per le quarantene o per mettere i detenuti contagiati e in difficoltà. Insomma i detenuti pare che debbano essere solo incarcerati a prescindere dai servizi che si possono assicurare e dal fatto che si possano portare persone in un’area ed in un carcere già fortemente pressato dal problema del Covid 19.

Ma attualmente quante persone infette ci sono? Cosa chiede alle istituzioni per evitare che il contagio si diffonda?

Recentemente una intera sezione è stata messa in quarantena perché un detenuto manifestava i sintomi del contagio. Questo detenuto e un altro sono risultati poi negativi. Pertanto per ora nessun detenuto risulterebbe positivo mentre tra gli agenti si parla di 6 casi, dei quali uno ricoverato. Sarebbe necessario comprendere rapidamente come il Dap intenda procedere e quali sono i protocolli di assistenza sanitaria per i detenuti del 41 bis. Dobbiamo aspettarci il piantonamento di 41 bis in un ospedale pieno e con il divieto di accesso se non a personale sanitario? Oppure cosa si pensa di fare per quelli anziani che sono tanti? Ho chiesto che gli agenti in servizio presso le sezioni con persone vulnerabili siano sempre le stesse e che siano accasermate ( come si fa con il personale di sanitario negli ospedali) in modo da limitare le possibilità di diffusione del contagio. Ci sono fortunatamente alcuni aspetti positivi come le telefonate incrementate, oppure l’autorizzazione ricevuta dalla Direzione che ha concesso ai detenuti stranieri di chiamare un servizio di mediazione interculturale del comune di Parma per avere assistenza. Buona pratica che l’assessore al Welfare dell’Emilia Romagna Elly Schlein ha voluto diffondere in accordo con il Prap anche alle altre carceri della regione. La distanza da recuperare però è ancora molta.