Dovremmo tutti scusarci con Mino Raiola. Dove per tutti intendo noi giornalisti, che ubriacati dalla foga di arrivare per primi, o magari fidandoci di fonti evidentemente non così certe, abbiamo dato la notizia della morte del procuratore sportivo più famoso del mondo, malato da tempo e che è sì ricoverato in gravi condizioni al San Raffaele di Milano ma che non ha ancora smesso di lottare. Eppure, nel primo pomeriggio la notizia della sua morte era stata data dai principali media, dal TgLa7 a Repubblica, dal Corriere La Stampa, fino alla Gazzetta dello Sport. Che in realtà nei primi minuti in cui si è diffusa la non-notizia tardava ad aggiornare la sua home page, segno che qualcosa di strano c’era. Dalle agenzie, intanto, non c’era alcuna conferma della morte di Raiola. Poi è arrivata anche la Gazzettail Post (solitamente prudente e attendibile nella verifica delle notizie) e a ruota il Corriere dello SportTuttosport, e le principali pagine calcistiche presenti sui social. Fino a che è arrivato un flash dell’Ansa a dire che no, Mino Raiola non è morto. È gravissimo, ma non è morto. Chi minuti e arriva la conferma di Alberto Zangrillo, primario dell’unità operativa di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele di Milano, che si è detto «indignato dalle telefonate di pseudo giornalisti che speculano sulla vita di un uomo che sta combattendo». E dunque via a cancellare gli articoli, a correggerli riportando la notizia della morte-non morte di Raiola, accusando le fonti o “la fuga di notizie” scaturita da non si sa chi se non da noi giornalisti. Unico caso di scuse a lettore e lettrici: il Post. A mandarla sull’ironia, ma neanche troppo, è arrivato un tweet dello stesso Raiola. «Stato di salute attuale per chi se lo chiede: incazzato perché è la seconda volta in quattro mesi che mi uccidono - ha scritto il procuratore - Sembrano anche in grado di resuscitare…». Raiola è nato a Nocera Inferiore ma poco dopo la famiglia si trasferì ad Haarlem, nei Paesi Bassi. Dopo aver lavorato nel ristorante di famiglia e aver gestito un McDonald’s, ha fondato la sua agenzia di intermediazione sportiva tramite le conoscenze fatte durante la sua breve carriera da calciatore, e successivamente grazie a un accordo con il sindacato locale dei giocatori. Da lì ha iniziato a seguire le trattative tra le squadre olandesi e italiane, per poi diventare uno dei procuratori più richiesti e influenti in Europa. Nel suo parco calciatori, tra passato e presente, ci sono Nedved e Ibrahimovic, Pogba e Balotelli, fino a Lukaku, Haaland e De Ligt.